Sistema elettorale, sulle macerie dell’Ulivo sventola bandiera bianca
È proprio vero, il lupo perde il pelo ma non il vizio. Il recente dibattito all’interno del centrosinistra sulla proposta di un ritorno a un sistema elettorale proporzionale, lanciata da Dario Franceschini, ne è la conferma. Non che l’idea sia di per sé assurda, anzi, a dirla tutta, il proporzionale meglio si confà ai meccanismi che, secondo il dettato costituzionale, portano alla formazione dei governi. Il punto è che questa ipotesi è stata lanciata, oltretutto attecchendo più fuori che dentro al Pd, del quale Franceschini è esponente di primo rango, con l’obiettivo dichiarato di contrastare il centrodestra. Ancora una volta, quindi, da sinistra arriva la conferma dell’incapacità di porre in essere una proposta programmatica di ampio respiro, sostenuta da una federazione in stile Ulivo o, più banalmente, da una coalizione come quella mai nata del campo largo. Il solo elemento in comune tra le forze attualmente all’opposizione è quello di essere al di fuori del perimetro del centrodestra. Un problema evidente che ripropone un limite atavico della sinistra italiana a cui è sempre mancato il fattore unità, indispensabile non solo per essere competitiva in occasione degli appuntamenti elettorali, ma soprattutto dopo, per governare. Il collante di una coalizione non può essere esclusivamente quello dell’antagonismo con le forze dall’altra parte della barricata, ma una comunanza di idee e valori da tradurre in proposte da sottoporre agli elettori. Invece, dinanzi all’incapacità di fare ciò, si cercano escamotage e tecnicismi attraverso i quali sfidare la sorte prima ancora che gli avversari. Dal momento che non riusciamo a organizzarci per correre insieme, è il ragionamento, cambiamo la legge elettorale in modo che ognuno possa presentarsi per conto suo e poi proviamo a fare un governo insieme. Ma perché quello che non si riesce a fare prima del voto dovrebbe avere successo dopo? Facile, per le poltrone che costituiscono da sempre un ottimo collante. Non a caso, in questo schema le forze moderate giocherebbero un ruolo fondamentale nello scacchiere degli equilibri politici. Ma fallito il progetto di un terzo polo come immaginato da Renzi e Calenda, i cui rispettivi partiti sono ai minimi termini, nel panorama centrista non resta granché, se non l’idea di strizzare l’occhio a Forza Italia. L’idea è però che sull’ipotesi di un ritorno a un sistema elettorale proporzionale i partiti di sinistra, che pensano di ovviare così ai propri problemi di coabitazione, se la cantino e se la suonino da soli. Sia perché il centrodestra, che ad oggi è maggioranza in Parlamento, con tutte le proprie contraddizioni interne, ha ben chiaro il valore aggiunto del fattore unità. Sia perché, qualora si portasse a compimento il percorso del Premierato ne conseguirebbe una obbligatoria riforma elettorale in chiave maggioritaria.
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