Siamo schiavi della finanza europea. Così si determina il vortice della crisi
MARCO OSNATO POLITICO
“Se non si possono fare osservazioni alla Banca centrale, vuol dire che la finanza ha preso il sopravvento su tutto”. Così Marco Osnato, presidente della Commissione Finanze alla Camera, commenta la decisione, comunicata da Christine Lagarde, di alzare i tassi di mezzo punto.
Considerando le ultime notizie, le rassicurazioni, rispetto a una crisi che colpisce alcuni tra i più importanti istituti del pianeta, sono sufficienti oppure no?
Non sono in grado, per fortuna o sfortuna, di dare rassicurazioni agli italiani. Secondo quanto ho sentito da persone più autorevoli di me, posso, però, sostenere che quelle attuale non appare una crisi sistemica. Detto ciò, l’attenzione deve essere ai massimi livelli, considerando quanto successo in passato. Devono esserci i dovuti controlli per capire chi ha legami rischiosi sia con Credit Suisse che con gli altri istituti oltreoceano in difficoltà. Non mi pare, comunque, che, in Italia e in Europa, sia il caso di creare allarmismi.
L’irrigidimento sui tassi della Bce, però, può creare una sorta di reazione a catena…
Stiamo parlando di un qualcosa che prescinde da Credit Suisse. La svolta, a cui fa riferimento, è iniziata da tempo e sembra che, secondo quanto annunciato da Lagarde, continuerà. Non sono l’unico a dirlo. Il ministro alla Difesa Crosetto, seguito da autorevoli esponenti del mondo bancario, dal governatore Visco e dall’economista Gros, hanno espresso più di qualche semplice perplessità sulle modalità di aumento dei tassi. È un’inflazione diversa da quelle che eravamo abituate a conoscere. Si basa principalmente su una carenza di offerta. Un aumento dei costi, quindi, non dipende da un eccesso di domanda. Così, intanto, si rischia di bloccare la ripartenza, che in parte, abbiamo visto negli ultimi mesi. Un modus operandi quello della Bce, che danneggia più l’Italia e il suo sistema manifatturiero che il resto d’Europa.
Perché?
Avendo una filiera di piccole e piccolissime realtà, siamo più propensi a utilizzare quei finanziamenti su cui i tassi afferiscono. La Francia, al contrario, ha grandi aziende, spesso di Stato, che vanno avanti in un altro modo. Stesso discorso vale per Germania, che non va incontro a particolari difficoltà.
L’Europa poteva comportarsi in modo diverso?
Questa volta non è tanto l’Europa, quanto la Banca centrale. Deve avere una propria autonomia, ma allo stesso tempo non può tener conto delle esigenze dei popoli degli Stati membri. È sbagliato, ad esempio, pensare, che questi ultimi, come appunto è accaduto quando il ministro Crosetto ha obiettato qualcosa, non possono fare neanche qualche osservazione. Vuol dire che evidentemente la finanza ha il sopravvento su qualsiasi cosa.
Cosa può fare il governo italiano di fronte a tutto ciò?
L’esecutivo Meloni sta cercando innanzitutto di restituire più potere d’acquisto possibile alle famiglie. Con quel poco che siamo riusciti a fare sulla legge di bilancio, tutta orientata sul cuneo fiscale, siamo andati in questa direzione. Con la delega di fiscale, poi, ci adopereremo per semplificare il sistema fiscale, dando ossigeno alle aziende. Si utilizzeranno, infatti, strumenti innovativi, come il concordato biennale preventivo, fondamentale per eliminare adempimenti e burocrazia dannosa per le imprese. Si cercherà di utilizzare qualche soldo in più, che pensiamo di recuperare dalla diminuzione del caro energia, per trovare incentivi utili sia alla produttività che alla competitività del sistema Italia.
Quanto sta accadendo in Svizzera non può ripetersi nel nostro Paese?
L’Italia mi sembra abbia fatto una bella riflessione sul sistema bancario. Negli ultimi quindici anni, sono state fatte delle azioni importanti, anche se sulla pelle degli italiani. Vedi il caso Monte dei Paschi. Mi sembra che, risolta qualche criticità, si possa stare sereni. Almeno così dice la Banca d’Italia
Possiamo vantarci di avere degli “anticorpi”?
Sicuramente! In Italia non ci sarà un tracollo, come invece potrà esserci altrove.
Una novità, comunque, è la crisi del digitale. Cosa ci insegna il crollo della Sylicon Valley Bank?
Mi pare che sia un istituto di credito particolare, che non c’entra nulla con quelli italiani. Stiamo parlando di una banca mono-cliente, ovvero che ha rapporti solo con una particolare categoria. Anche il migliore comparto, all’inizio, può andar bene e poi affrontare un momento difficile, come accaduto appunto per l’hi-tech. Quando la sorte della reatlà anche più solida è legata a un unico settore può succedere che basta sbagliare una semplice previsione per mandare in crisi un intero sistema.
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