Si spoglia per protesta contro il regime in Iran I VIDEO In Italia la difende solo la ministra Roccella
Nessuno conosce il nome della giovane studentessa arrestata in Iran per essersi spogliata per protesta dopo che le era stato strappato il velo contestandole come lo indossasse. Le autorità iraniane l’hanno arrestata e portata via dopo che era rimasta in biancheria intima di fronte alla sua università. La donna, che non è stata ancora identificata, era stata molestata all’interno dell’università islamica Azad da membri della forza paramilitare Basij che le avevano strappato il velo e i vestiti, secondo quanto riportato da siti e account di social media.
Sui social è stato anche pubblicato il video della giovane che, in mutande e reggiseno, cammina tra gli altri studenti di fronte l’ateneo e quello – li pubblichiamo entrambi qui sotto – in cui si vedono uomini in abiti borghesi che si avvicinano e la trascinano in un’auto. Secondo alcuni siti, sarebbe stata percossa durante l’arresto.
Sulla vicenda si è espressa Amnesty International che chiede che “le autorità iraniane devono rilasciare immediatamente e senza condizioni la studentessa universitaria che è stata arrestata in modo violento dopo che si era spogliata per protestare per gli abusi subiti dagli agenti che fanno rispettare l’obbligo del velo”.
In Italia, solo Eugenia Roccella a difenderne il gesto. “La vicenda della studentessa iraniana rimasta in biancheria intima, qualunque sia stata la dinamica degli eventi, è un fatto di straordinaria potenza che mette a nudo non solo e non tanto un corpo femminile, quanto soprattutto l’abisso di privazione di libertà nel quale tante donne in alcune aree del mondo sono costrette”. Così la ministra per la Famiglia, la Natalità e le Pari opportunità.
“La ragazza è stata arrestata – ha aggiunto – e possiamo solo immaginare a quali conseguenze rischia di andare incontro. È importante che quel corpo diventi il corpo di tutti noi, che la sua salvezza diventi il nostro obiettivo, che la sua battaglia diventi un vessillo di libertà per tutte le donne. Si tratta -conclude Roccella- di una causa che deve vederci uniti, se vogliamo che la libertà femminile e i diritti umani siano un orizzonte concreto del nostro agire e non solo uno slogan da usare nei cortei mentre altrove il vero patriarcato mostra il suo volto più feroce, davanti al nostro silenzio”.
Giorni di diritti umani sempre più calpestati, in Iran. Il Dipartimento di Stato americano ha affermato di essere “a conoscenza delle segnalazioni” secondo cui un giornalista iraniano-americano sarebbe stato arrestato. La dichiarazione è arrivata in risposta a una domanda dell’AFP sul giornalista Reza Valizadeh, che in precedenza lavorava per Radio Farda, finanziata dagli Usa, in seguito alle segnalazioni dei media secondo cui sarebbe stato trattenuto in Iran per settimane. “Stiamo lavorando con i nostri partner svizzeri che fungono da potenza protettrice degli Stati Uniti in Iran per raccogliere maggiori informazioni su questo caso”, si legge nella dichiarazione. Gli Stati Uniti e l’Iran hanno interrotto le relazioni diplomatiche nel 1980. La relazione è stata particolarmente tesa da quando l’alleato degli Usa Israele ha lanciato un’offensiva contro i gruppi armati sostenuti da Teheran a Gaza, in Libano e altrove l’anno scorso, compresi attacchi con lo stesso Iran. La missione iraniana presso le Nazioni Unite non ha risposto immediatamente a una richiesta di commento dell’AFP sulla presunta detenzione di Valizadeh. Nella sua dichiarazione, il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti ha affermato che “l’Iran imprigiona sistematicamente cittadini statunitensi e cittadini di altri paesi ingiustamente per scopi politici”, una pratica che ha definito “crudele e contraria al diritto internazionale”. Ha rinnovato il suo avvertimento ai cittadini statunitensi di non recarsi in Iran “per nessun motivo”.
Scalpore anche per la notizia secondo la quale le autorità di Teheran hanno eseguito la condanna a morte emessa nei confronti di un ebreo iraniano, Arvin Ghahremani, riconosciuto colpevole di ”omicidio premeditato” di un cittadino musulmano durante una rissa in strada. Lo riferisce l’ong Iran Human Rights, che ha sede in Norvegia. Per mesi la famiglia di Ghahremani aveva chiesto tramite gli avvocati della difesa una revisione del processo sostenendo che l’uomo avesse agito per legittima difesa. Ghahremani era detenuto nel carcere di Kermanshah, nell’Iran occidentale, e aveva 18 anni quando è stato condannato a morte.
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