Il consiglio d’amministrazione di Tim ha dato l’ok all’offerta del fondo americano Kkr per la cessione della rete. La decisione è arrivata dopo un estenuante fine settimana di riunioni in cui il Cda si è riunito per ben tre volte. L’ultima riunione, tenutasi oggi pomeriggio e cominciata alle 14 e terminato intorno alle 18.30, è stata quella decisiva. La rete andrà agli americani per una somma pari a venti miliardi di euro, a cui ne vanno aggiunti altri due per Open Fiber. Ventidue miliardi che rappresentano un’entrata importante per il colosso delle telecomunicazioni ma che vertono su uno degli asset strategici del Paese.
La vigilia dell’ultimo cda è stata abbastanza movimentata. Con appelli giunti ai consiglieri d’amministrazione affinché si facesse chiarezza. L’ultimo è stato quello di Asati, l’associazione degli azionisti di Tim, che aveva invitato l’azienda e il Cda “a concentrarsi sull’importante offerta allo studio – affinché venga esaminata con la massima attenzione – considerato che si tratta di un’operazione di fondamentale importanza per il futuro dell’azienda, del settore e del Paese”. Asati aveva esortato il Cda “a prendere rapidamente una decisione chiara su questo tema che ormai si trascina da oltre un decennio, tenendo a mente che l’operazione non riguarda soltanto i grandi azionisti, ma anche e soprattutto tutti i dipendenti di questa azienda e i piccoli azionisti che Asati rappresenta”.
Non era scontato che la questione si dipanasse già in questo week end. C’era, infatti, l’ipotesi di uno slittamento, almeno a dicembre, che però sarebbe costato qualcosa come una ventina di milioni. Non ci sarà bisogno di aprire le casse per far uscire il denaro, ma sarà necessario spalancare i forzieri per fare incetta dei dollari che pioveranno su Tim dal fondo Kkr. Tuttavia la vicenda potrebbe non esaurirsi qui. Almeno non del tutto, potrebbero infatti esserci degli strascichi legali. In prima battuta, infatti, occorrerà verificare quali mosse intenderà fare Vivendi. I francesi non sono mai stati davvero entusiasti dell’affare. E si era vociferato che l’irruzione sul tavolo della proposta legata agli azionisti minori guidati dal fondo Merlyn potesse rappresentare una sorta di “ostacolo” frapposto proprio da ambienti vicini a Vivendi. Una ricostruzione, però, che è stata smentita direttamente da Stefano Siragusa, ex dirigente Tim, che il piano Merlyn avrebbe proposto come ad al posto dell’attuale Ceo Pietro Labriola.
E difatti, i francesi sono pronti a salire sopra le barricate. Vivendi, qualche ora dopo l’ufficialità della decisione di cedere a Kkr la rete, ha bollato la scelta come “illegittima” e si è riservata la possibilità di utilizzare “ogni strumento legale a sua disposizione per contestare questa decisione e tutelare i suoi diritti e quelli di tutti gli azionisti”. Al fuoco transalpino s’è unito anche quello di Merlyn che ha definito la decisione con quattro, durissimi, aggettivi: “”irrispettosa e sbagliata, frettolosa e opaca”. Anche Barnaba si riserva di adire le vie legali.
Ma il ministro Giancarlo Giorgetti invita Vivendi a rispettare la scelta. “Ha i suoi diritti – ha affermato il titolare del Mef – ma il progetto è quello. Il Ministero ha partecipato all’offerta, abbiamo fatto un’offerta e il consiglio di amministrazione l’ha accettata – spiega Giorgetti – adesso ovviamente gli azionisti hanno i loro diritti, li faranno valere nelle sedi opportune: però il progetto è quello”. Insomma, no way per i francesi. O, per dirla più prosaicamente, il governo ha invitato Vivendi a ingoiare il rospo.