Politica

Separazione carriere, scontro con l’Anm di governo e penalisti

di Ivano Tolettini -


Ma il governo, tramite il Parlamento, può vedere approvato un suo disegno di legge ancorché costituzionale sulla separazione delle carriere senza che i magistrati, dopo avere giustamente fatta sentire la loro voce tramite gli organi di rappresentanza, ne prendano atto? Il potere esecutivo, che ha ricevuto l’investimento dal popolo che esercita la sovranità popolare tramite il voto, dopo essersi consultato con le parti, può tirare avanti per la proprio strada senza che qualcuno gridi alla “dittatura della maggioranza”? Anche perché la riforma sarà oggetto di un referendum popolare qualora il disegno di legge non ottenesse la maggioranza qualificata richiesta dalla Costituzione. Altrimenti a che cosa serve avere il mandato popolare, che sia di destra po di sinistra, se poi il governo se la fa sotto perché i magistrati sono contrari e non se ne fa più nulla? Non è che di questo passo si travolgono le regole democratiche? E se questo accade non c’è il rischio che i cittadini sempre più delusi, vedendo che la loro volontà non viene inverata da chi li rappresenta tramite le leggi, si distaccheranno ancora di più dalla politica e l’astensionismo crescerà? Tanto che cresce il numero di chi afferma che il voto non conta più nulla, conta solo quello che dicono le élite, e lo dimostra la partecipazione ormai ridotta al 50% del corpo elettorale, ma in questa maniera la democrazia si sfarina davvero e ci perderemo tutti. Dunque quello che offre il panorama del dibattito politico sulla riforma della giustizia, in particolare la separazione delle carriere che è nel programma di governo, è emblematico di ciò che accade nel nostro Paese. Ancora l’altro giorno il vice ministro alla Giustizia Francesco Paolo Sisto (nella foto), in un’intervista al Tempo, sottolineava che “la riforma, per espressa previsione, non scalfisce minimamente l’autonomia e l’indipendenza di tutta la magistratura. Questo per mettere a tacere chi continua a sostenere che il disegno di legge costituzionale sarebbe l’antipasto della sottoposizione del pubblico ministero all’esecutivo”. Sisto dice con forza che “nulla è di più falso. Respingo con fermezza anche l’illazione secondo cui la riforma sarebbe un riequilibrio rispetto a “Mani pulite”. Sono vicende del tutto slegate e solo strumentalmente accostabili”. Il ragionamento di Sisto non fa una grinza: “Com’ è giusto che il Parlamento non si ingerisca nell’operato di chi applica la legge, mi sembra altrettanto corretto che i magistrati non pretendano di determinare le scelte di chi ha il compito di scrivere le leggi”. Lo stesso ministro Carlo Nordio in più occasioni ha affermato che la separazione delle carriere non prefigura una perdita di autonomia del Pubblico ministero, che avrà un proprio Csm e non sarà sottoposto al potere politico. “L’impressione – osserva Sisto – è che il Parlamento non debba o possa toccare la giustizia senza il via libera dell’Associazione nazionale magistrati (Anm)”. Ieri sul tema della separazione dlle carriere è intervenuta anche l’Unione delle Camere Penali. “L’Anm lancia apertamente la propria sfida al Parlamento e sceglie la strada di una aperta politicizzazione della sua azione”. Una sfida che è definita “inaccettabile perché si potrebbe dire che il potere giudiziario ha gettato la maschera, contrapponendosi apertamente a quello legislativo, se non fosse che è evidente a tutti da almeno trent’anni che nessuna riforma può essere portata a termine in questo Paese senza il consenso della magistratura”. Secondo i penalisti italiani quello della magistratura “è un potere che domina indisturbato il proscenio della nostra democrazia ben oltre le competenze e le funzioni che le sono state attribuite dal Costituente”. Ma sotto l’aspetto della dialettica costituzionale poiché i magistrati sono dei burocrati, che vincono un concorso pubblico e giustamente non sono soggetti al giudizio del popolo ma soltanto alla legge, fa dire ai penalisti italiani che “è altrettanto evidente che l’esercizio di questo potere, incontrollato e straordinariamente efficace, si è mosso seguendo le vie opache del correntismo e delle logiche di spartizione opponendosi pregiudizialmente ad ogni modifica dell’assetto dell’ordinamento”. Secondo i penalisti “ è innegabile constatare la posizione egemonica assunta dal Pm e dello squilibrio fra la fase delle indagini e quella del dibattimento, perciò non è più rinviabile la riforma della separazione delle carriere, che non mira affatto ad indebolire il Pm ma a rafforzare il giudice, rendendolo terzo, oltre che imparziale”.


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