Editoriale

Se uno più Onu non fa due

di Tommaso Cerno -


Se uno più Onu non fa due

di TOMMASO CERNO

Nella matematica politica c’è un nuovo problema da risolvere. Capire come la somma uno più Onu possa fare due. L’uno è l’Italia sola da anni di fronte all’emergenza migranti. L’Onu è la nuova frontiera su cui il governo tenta di spostare il dibattito. Resto fuori per pudore dallo scontro politico che in Italia riempie giornali e talk show. Quello tra due visioni fallimentari che vedono da una parte i sostenitori del blocco navale, fattibile come la quadratura di un cerchio, dall’altra quelli dell’accoglienza diffusa.

I responsabili del quadro desolante in cui versa il Paese, fatto di stazioni ferroviarie diventate bivacchi, di periferie riempite di criminali e miseria, di una vita quotidiana che mostra a molti cittadini l’incapacità degli ultimi dieci anni di realizzare quel modello per cui gli italiani hanno speso miliardi delle loro tasche affidandoli nel migliore dei casi a sognatori, nel peggiore dei casi a mezzi banditi che si sono fatti casa nuova alla faccia nostra. Almeno questo nuovo capitolo che si apre porta con sé l’assioma che è di fronte agli occhi di tutti. È impossibile gestire il flusso migratorio che è appena cominciato una volta che chi si sposta verso l’Europa è arrivato al confine Nord dell’Africa. Come un confine culturale che si allarga il primo passo verso il Mediterraneo corrisponde di fatto all’arrivo.

L’arrivo in un continente che non ha le possibilità materiali di gestire i rientri di decine di migliaia di persone che non hanno più una identità, e nulla da perdere. L’unico modo per provare a prendere in mano la situazione è immaginare che il confine su cui agiamo preventivamente per ordinare l’eventuale flusso verso di noi sia in Africa. E precisamente al confine fra l’Africa bianca e l’Africa nera. E’ in quel luogo che sta cambiando forma l’unica chance dell’Europa di poter trasformare un ciclone ingestibile in una risorsa, e questo non può essere fatto né da singoli Stati né dall’Unione Europea. La scommessa che abbiamo davanti è più grande, intimamente connessa ai disequilibri del pianeta, può essere gestita solo dalle Nazioni Unite.

Il cappello dell’Onu è il tetto sotto il quale le democrazie possono costruire una macchina di accoglienza capace di affrontare davvero la piaga di questo inizio secolo. Al di fuori di questa cornice il destino è segnato. I migranti resteranno solo un argomento di scontro politico, portando i cittadini dell’Europa a un rifiuto materiale che si genera non perché al governo ci sta la destra o la sinistra, né perché questo Paese sia popolato di razzisti, ma per il banale motivo che quando un fenomeno è fuori controllo trasmette agli altri l’idea di un pericolo. La cosa peggiore che si può fare in questi casi è ripetere il mantra che i numeri sono sostenibili. Per due ragioni. Se lo fossero, significa che chi li sta gestendo da un decennio è un perfetto imbecille perché si è fatto scappare di mano qualcosa che era invece nelle sue possibilità affrontare.

Nel secondo caso perché la politica serve proprio a ordinare i fenomeni in modo che se questi fossero troppo grandi per essere accolti da una società spetterebbe a lei trasformarli in qualcosa di compatibile. Ne deriva che se davvero i numeri fossero sotto controllo, sarebbe ancora una volta colpa della politica dare la percezione che essi invece non lo sono.

Di fronte a una sfida che cambia prospettiva passando dalla dimensione tolemaica dell’immigrazione, quella dove il centro saremmo noi e tutto il resto ci gira intorno aspettando che dalle nostre teste democratiche e dalle nostre società civili arrivi chissà quale soluzione, a quello copernicano dove al centro dell’universo stanno loro e noi siamo solo quelli che girano intorno, una classe dirigente aprirebbe un dibattito dialettico anche forte nell’ottica di una collaborazione fra istituzioni, Parlamento e partiti. Mentre quello a cui assistiamo in Italia è un dibattito strumentale dove del migrante non si butta via niente, per cui chi se ne frega di capire come fare, l’importante è scannarsi e dire all’altro di avere ragione. Non credo che il Paese che ascolta ci cascherà di nuovo.

Cascare in questa Italia dove quando stai all’opposizione possiedi tutte le verità, appena vai al governo le verità ce le hanno gli altri. E’ un gioco che è durato più di un decennio e sotto il quale sono state costruite maggioranze e prese decisioni politiche alla faccia del popolo elettorale. Forse oggi il Paese è più avanti di chi lo guida, per cui preferisce una verità non risolutiva dei propri problemi a una bugia.


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