Editoriale

Se le capre siamo noi

di Tommaso Cerno -


Se le capre siamo noi

di TOMMASO CERNO

Come una nemesi, l’incredibile caso di Vittorio Sgarbi, ovvero che ci si sveglia dopo 34 anni e si “scopre” che il critico più famoso d’Italia è fatto così, un monolite dove pubblico e privato si sommano, con tutte le frivolezze e i guai che ciò comporta, ci mostra perché siamo spiazzati su Israele. Perché le capre, il gregge, alla fine siamo noi altri.

Un capitombolo nel banale, che indigna gli indignati. Perché tutto ci si può aspettare da un Paese e da un governo, che un giornale prenda di mira Sgarbi dopo decenni, è stato parlamentare, sottosegretario, sindaco, assessore regionale e chi più ne ha più ne metta, e all’improvviso scopra ciò che chiunque viva in Italia sa di Vittorio, cioè che lui è uno fatto così, che non ha confini, non fra il giorno e la notte, non fra l’alto e il basso, non fra Stato e vita quotidiana, perché questo è Sgarbi con i suoi guizzi di genio, come capre appunto, e le sue furiose polemiche.

Per cui, visto che faceva televisione quando Giorgia Meloni aveva 11 anni e mezzo, ci si aspetta che se un governo lo chiama per un incarico sappia chi sta chiamando e scelga di chiamare Sgarbi, non una versione di fantasia, un uomo che non esiste nella realtà e che all’improvviso cambia. Per cui, se ha fatto cose che uno al governo non può fare, si dimetterà pure, ma questo stupore, questa presa di distanze, questa faccia stralunata è davvero, quella sì, inopportuna. Sgarbi funziona così, per cui se non ti va bene il problema è tuo.

Ma l’Italia si schernisce. Perché ormai fa parte di questi tempi ridisegnare la realtà come ci fa più comodo. E basta vedere la guerra in Israele che effetto fa. A differenza dell’Ucraina, paese che pochissimi di noi avevano anche solo sentito nominare prima del febbraio 2022, sulla cui storia e ruolo internazionale si può ibbastire qualunque frottola, che tanto l’effetto sarà quello di crederci, non appena davanti agli occhi ci appare una vicenda che affonda le sue radici nella storia dell’umanità, dove noi stessi abbiamo le dita dentro, ecco che l’effetto De Bello Sgarbico torna impetuoso.

E, fatta la debita distinzione fra i due argomenti, sempre che l’era social distingua davvero, le reazioni sono identiche a quelle che ha avuto il ministro Sangiuliano con il suo sottosegretario. E cioè. Ci stupiamo che l’Onu accusi Israele di avere messo i palestinesi in uno stato di segregazione, quando invece le Nazioni Unite l’hanno sempre fatto. E con loro l’Occidente o il presunto tale. Perché la storia dello Stato di Palestina non l’ha inventata certo la tivù europea. Ci stupiamo che nel vuoto pneumatico dell’Europa di Ursula Von Der Leyen, basti un Erdogan qualunque per mettere in un angolo i leader del G7.

Ci stupiamo che fra gli islamici oggi abbia più consenso Hamas, con tutto che è una struttura militare islamista di stampo terroristico, che non le prediche dei leader dei Califfati. Ci stupiamo che l’America non abbia ancora dato il via libera all’assalto, quando gli interessi di Biden in quell’area sono così tanti e così complicati da essere una delle ragioni del conflitto piuttosto che una parte della soluzione. Insomma ci stupiamo che nel mondo le nostre regole e la nostra corazzata democratica si prenda un sacco di pernacchie da dieci anni almeno a questa parte. Ma non ci domandiamo se questo sia causa anche nostra. E soprattutto, se come nel caso Sgarbi, ci stiano raccontando una storia che era ovvia e che sapevamo già.


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