Se la giustizia indipendente di Orban non piace ai dem
C’è qualcosa di molto sinistro nella pretesa della sinistra di sottrarre Ilaria Salis alla giustizia ungherese. In quel continuo tirare per la giacchetta la premier Giorgia Meloni sulla liberazione della maestra d’asilo, in virtù della violazione dei diritti culminata nelle catene mani e piedi in tribunale. I compagni, ormai da giorni, continuano a insistere affinché il capo del nostro governo interceda con l’amico Viktor Orbàn e lo spinga al pressing sulla magistratura magiara per risolvere il caso Salis.
Il primo ministro ungherese, durante l’incontro di mercoledì sera all’hotel Amigò, è stato disponibile alla richiesta della Meloni riguardo ai diritti dell’italiana sotto processo e al ripristino di un trattamento detentivo consono alle regole europee. Allo stesso tempo, però, è stato chiaro riguardo a come funzionano le cose a Budapest: i giudici sono indipendenti. “Sulla magistratura non posso fare nulla. Il Pubblico ministero non dipende dal governo ma dal parlamento. Quello che posso fare è fornire dettagli sul trattamento in carcere ed esercitare un’influenza perché abbia un equo trattamento”, ha chiarito Orbàn. Che non si è sottratto alle domande dei giornalisti sulle condizioni di Ilaria in prigione e ha rimandato al mittente le accuse di violazione dei diritti della maestra: “Ha potuto fare telefonate e non è stata isolata dal resto del mondo. Tutti i diritti sono garantiti”.
Sull’esposizione in catene in aula ha chiarito che quel trattamento non è stato riservato solo all’italiana: “In Ungheria tutti vengono trattati allo stesso modo”. Parole che avrebbero dovuto calmare gli animi a sinistra. E invece no, perché anziché conferire il giusto peso alle dichiarazioni del premier ungherese, i compagni hanno ravvisato in Orbàn un atteggiamento pilatesco. D’altronde non si era mai visto un premier che si lava le mani anziché intervenire per fare un favore agli amici. Nel solco di quell’amichettismo targato Pd e di quei legami con il giustizialismo incarnato in Md, la magistratura democratica nelle cui fila hanno gozzovigliato certi magistrati rossi protagonisti dell’antiberlusconismo degli ultimi trent’anni.
Non stupisce allora l’incredulità di politici per i quali è normale mettere bocca sulla giustizia, democratica e indipendente solo su carta. Tanto che il Paese con il governo ritenuto fascista, agli antifascisti italici risponde con un sonoro “la nostra magistratura è indipendente”, insinuando che quella italiana, forse, non lo è, se la stessa sinistra di lotta e di giustizialismo non è in grado neppure di comprendere un concetto tanto semplice. Ilaria Salis non sarà liberata poiché l’amico della Meloni lo vuole, ma potrà avvalersi di misure cautelari alternative perché è la legge a prevederle. Esiste un grimaldello giuridico che potrebbe permettere alla Salis di rientrare in Italia: si tratta dell’Accordo quadro europeo 829 del 2009, che impegna gli alleati a riconoscere a un imputato la possibilità di farsi il carcere preventivo nel paese di provenienza.
Non è una procedura automatica, ma è subordinata a una richiesta di arresti domiciliari che la difesa deve depositare e che verrà valutata dai giudici. Se verrà accolta, il Guardasigilli Carlo Nordio potrà a quel punto appellarsi all’Accordo quadro e chiedere il trasferimento in Italia di Ilaria, la quale non solo resterebbe ai domiciliari sicuramente fino alla sentenza definitiva, ma potrebbe perfino ottenere, in caso di condanna, l’opportunità di scontare la pena nelle patrie galere. I nostri penitenziari offrono certamente condizioni detentive migliori di quelle di Budapest, ma non sono qualcosa di cui vantarsi, attanagliati ormai da sovraffollamento e situazioni limite che hanno portato a un’onda di suicidi preoccupante.
“L’eventuale detenzione in Italia va discussa quando sapremo come andrà il processo”, ha detto la premier Meloni. “Quello di cui ho parlato con Orban”, ha aggiunto, “è garantire che venga riservato un trattamento di dignità, di rispetto, un giusto e veloce processo. E spero solo che Salis riesca a dimostrare la sua estraneità a questa cosiddetta banda del martello”. Intanto non si placano le polemiche tra la famiglia di Ilaria e Matteo Salvini. Il padre Roberto Salis, infatti, ha annunciato una querela per diffamazione contro il leader della Lega.
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