Se il salario minimo piace solo alla politica
CARLO BONOMI PRESIDENTE CONFINDUSTRIA
Si va in piazza per il salario minimo. Oggi, alla manifestazione organizzata dalla Cgil a Roma, avrebbe dovuto esserci l’opposizione. Almeno, così sperava Elly Schlein. Che già si immaginava alla testa delle minoranze parlamentari a dar battaglia al governo. Ma, proprio a distanza di qualche ora dal “niet” piovuto sulla proposta dal Cnel guidato da Renato Brunetta, Calenda si è già sfilato, preferendo perseguire la linea del dialogo con Palazzo Chigi. E ha dato forfait anche Giuseppe Conte che invece è atteso nella “sua” Foggia. Accanto al Pd ci saranno, però, parlamentari e leader di Avs. Al di là del Pd e della Cgil (ma anche del M5s che pure raccoglierà le firme per sostenere la proposta unitaria dell’opposizione), oltre il ballo della politica, la proposta non piace granché. Il Cnel l’ha cassata. Le ragioni sono nelle parole del vicepresidente Floriano Botta che, intervistato a Radio Rai, ha smontato la narrazione delle opposizioni: “Non siamo contrari, pensiamo che non basti solo questo. La direttiva europea che dovrebbe essere applicata entro il novembre 2024 non parla di salario minimo, non è obbligatorio averlo. E poi si rischia di dare meno soldi a coloro che guadagnano di più”. Insomma, rischierebbe di trasformarsi in un boomerang per migliaia di lavoratori.
La posizione del Cnel ha scatenato l’opposizione che, con il presidente dei senatori dem Francesco Boccia, liquida il parlamentino come “appendice del governo” mentre l’ex ministro M5s Andrea Patuanelli promette battaglia a Meloni: “Non le permetteremo di usare il Cnel come scudo”. Ma il tema, anche dal punto di vista economico e non solo da quello politico, solleva più critiche che consensi.
Da Confimprenditori, è arrivata un’altra bocciatura: “L’Italia non ha bisogno di interventi dirigisti in materia di salario minimo, che peraltro, secondo alcuni osservatori, potrebbero perfino innescare effetti peggiorativi rispetto ai tantissimi lavoratori che godono di un trattamento salariale e normativo migliore”, ha tuonato il presidente Stefano Ruvolo: “Semmai esistono due strade più sicure da percorrere: da un lato, tagliare le tasse (e, rispetto ai lavoratori dipendenti, sarà una buona cosa la stabilizzazione del taglio del cuneo); dall’altro, rinnovare i contratti rimasti fermi da molti anni. Sta in queste due mosse lineari il modo più saggio di affrontare il problema (vero) dei salari bassi”.
Confindustria ribadisce il suo scetticismo. Il presidente Carlo Bonomi, a Tv2000, ha dichiarato che la svolta ci sarebbe solo con il taglio del cuneo fiscale, provvedimento che gli industriali italiani si sgolano da tre anni a chiedere ai governi che si sono intanto succeduti alla guida del Paese. Bonomi ha affermato: “Abbiamo proposto di mettere 16 miliardi, due terzi a favore dei dipendenti e uno a favore delle imprese. Oggi è il contrario. Diciamo che è giusto in questo momento mettere più soldi in tasca ai lavoratori e chiediamo anche che questo taglio sia strutturale. Però non si ascoltano questi temi: la produttività, il taglio del costo del lavoro. Si parla solo di salario minimo che diventa una battaglia politica che non porta a risolvere i problemi degli italiani”. Bonomi, poi, rivela che, attualmente, i contratti dell’industria italiana assicurano retribuzioni minime superiori alle soglie previste dalla proposta targata Pd-M5s-Cgil: “Prendiamo per buona la fissazione a 9 euro della soglia del salario minimo. Nessuno sa da dove è nata questa cifra. Si potrebbe dire 9 euro sono giusti o sbagliati? Ma prendiamoli per buoni. I contratti collettivi nazionali di Confindustria che coprono cinque milioni e mezzo di lavoratori sono tutti superiori a questa cifra. Non è un tema dell`industria italiana”.
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