Cultura & Spettacolo

Scugnizzi per sempre, quando il Sud fa la storia dello sport

di Angelo Vitale -


Scugnizzi per sempre. Nasce nello spogliatoio del Forum di Assago il 21 maggio del 1991 il titolo della serie tv Rai che andrà in onda, due episodi in ogni puntata, il 21, 24 e 25 agosto in prima serata su Rai 2. La frase fu pronunciata da Vincenzo Esposito, per tanti Enzino, uno dei protagonisti della finale che condusse la squadra di pallacanestro di Caserta a vincere lo scudetto contro l’Olimpia Milano. Una vera e propria docu-fiction, che racconta l’avventura ad oggi non ripetuta di una squadra meridionale che vince contro tutti, dopo essersi affermata negli anni contro le squadre del quadrilatero Milano – Varese – Cantù – Bologna.

Scugnizzi per sempre: una storia di basket

Un’idea di Attilio De Razza, produttore ma anche tifoso di basket, e Gianni Costantino, regista, che voleva puntare a celebrare i 30 anni di questo traguardo ma ha dovuto subire i rallentamenti imposti al nostro Paese dalla pandemia. Inizialmente l’idea di un film, poi cresciuta con il favore di Rai Documentari e con l’innesto nel team di Vincenzo Cascone e Sante Roperto. Due casertani, Costantino e Roperto, come casertani erano molti dei componenti della squadra che – viene raccontato nel primo episodio, trasmesso in anteprima a Caserta davanti a un pubblico incurante dell’afa – giocava ogni partita con lo spirito della temerarietà.
Ragazzi diventati campioni cominciando dalla strada. Lo raccontano le immagini “color nostalgia” girate da Costantino ove il sogno era nato. Ove era stato inseguito e alla fine raggiunto. Una coincidenza astrale, che mise insieme il “saper fare” impresa con i talenti naturali coltivati e poi esplosi ai massimi vertici nazionali. Artefice numero uno – i pareri sono concordi – il Cavaliere del Lavoro Giovanni Maggiò, un bresciano rimasto a Caserta per amore, imprenditore edile. Maggiò sapeva poco o forse nulla di basket, vi fu avvicinato da uno dei fondatori della squadra, Santino Piccolo, zio dello scrittore Francesco – uno dei tanti intervistati durante la docuserie -. Un visionario, Giovanni Maggiò. Costruì in 100 giorni un palazzetto dello sport senza il quale la squadra non avrebbe potuto partecipare alla massima serie. Portò a Caserta in 3 giorni Bogdan Tanjević, che allenava la nazionale jugoslava. E Tanjević guidò subito la squadra fin sulle montagne di Pale dove la allenò istruendola al lavoro di allenamento e al sacrificio, per catapultarla poi a Sarajevo in un’amichevole davanti a 8mila spettatori. Un’amichevole persa con oltre 30 punti di scarto, come i successivi 17 incontri. A Pale, però, quegli scugnizzi impararono a fidarsi del loro talento, oltre che – racconta un altro di loro, Nando Gentile – “a rubare le mele nei campi per mangiare qualcosa, non le zuppe che ci servivano”.

L’avventura della Juve Caserta

Gentile ed Esposito avevano cominciato – la realtà è già leggenda – tirando ad un canestro invisibile, la finestrella del bagno di un bar vicino casa. Esposito abitava di fronte al negozio del papà di Gentile. Genitori severi, per entrambi. Oggi il padre di Enzino taglia un mezzo sorriso per raccontare che il figlio “palleggiava anche nel sonno” da quando aveva 5 anni, quasi per dire e ribadire che il primo obiettivo della famiglia per quel ragazzo sarebbe stato un semplice diploma. Il papà di Nando, invece, gli gettava per strada ogni volta la borsa dell’allenamento, perché avrebbe voluto che lasciasse il basket per aiutarlo in negozio. Quegli scugnizzi, invece, erano dei veri campioni, dei “fenomeni”. Riconosciuti come tali da Franco Marcelletti (sua la panchina dello scudetto) e da Virginio Bernardi (anche lui poi allenatore nella massima serie, oggi procuratore sportivo), due ex atleti che riuscirono a leggere il talento di quei ragazzi inseguendoli nei playground arrangiati dove correvano ogni giorno ad allenarsi. Due ex giocatori, Marcelletti e Bernardi, che avevano scelto di allenare i giovani dedicandosi allo studio del basket americano.
Un’avventura unica, quella della Juve Caserta. Resa possibile anche dal genio di Oscar Schmidt, un campione che macinava punti e che intimoriva tutti i suoi avversari. “Ma ci pensate? Un giocatore brasiliano a Caserta. Noi ragazzi ci mettemmo quasi a ridere, quando lo sapemmo”, ha raccontato a Costantino l’attore Antonio De Matteo, il Lino di “Mare fuori”. Un’avventura che fu pure palestra giornalistica, per tanti. Due di loro ne parlano in “Scugnizzi per sempre”. Amici inseparabili fin da allora, che studiavano e tifavano il basket: Francesco De Core, oggi alla guida de Il Mattino e il nostro condirettore Alessio Gallicola.


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