Politica

PRIMA PAGINA-Scontro maggioranza-Anm sulle intercettazioni, tanto per cambiare…

di Giuseppe Ariola -


Passa per le intercettazioni il nuovo, ennesimo scontro politico sulla giustizia. La Camera ha infatti approvato in via definitiva il provvedimento, già licenziato al Senato, con il quale si pone un limite di 45 giorni alla durata delle intercettazioni. Ovviamente, questo tetto prevede la possibilità di un’eccezione nel caso in cui, recita il testo della nuova legge, venga riscontrata “l’assoluta indispensabilità delle operazioni per una durata superiore sia giustificata dall’emergere di elementi specifici e concreti. Tali elementi devono essere oggetto di espressa motivazione”, ma anche qualora il carpire le comunicazioni risulti fondamentale per le indagini “in relazione a un delitto di criminalità organizzata o di minaccia col mezzo del telefono in ordine ai quali sussistano sufficienti indizi”. Inoltre, con un successivo provvedimento si provvederà a differire questo termine temporale anche per i reati che ricadono nell’alveo della violenza sulle donne, ovvero quelli di cui al ben noto ‘codice rosso’. La necessità di intervenire successivamente è stata dettata dalla volontà di convertire subito in legge il provvedimento come approvato dall’Aula di Palazzo Madama, senza effettuare un nuovo passaggio parlamentare, benché l’opportunità di prevedere una deroga anche in relazione ai reati di genere fosse già emersa anche all’interno della stessa maggioranza. Ma al di là di questo aspetto, certamente non poco rilevante, a far discutere è il cuore della nuova legge, come ogni qual volta il Parlamento è chiamato a esaminare proposte in tema di giustizia. Le contrapposizioni su questa materia si confermano nette e non lasciano intravedere alcuno spiraglio a una possibile intesa tra gli schieramenti, esulando dall’area centrista dell’opposizione. Di certo nessuna consonanza può essere trovata con la magistratura, che sostiene di vedere compromessa la propria attività, contrapponendosi a chi tra le forze di maggioranza parla di interventi tesi a limitare alcuni abusi nei confronti dei cittadini che troppo spesso hanno luogo a causa delle zone d’ombra che si celano dietro talune norme o prassi. E come finora avvenuto per tutte le novità in materia di giustizia introdotte nel corso dell’attuale legislatura, anche questo provvedimento sulle intercettazioni vede la forte contrarietà delle toghe che ne contestano il contenuto. Per il segretario dell’Associazione nazionale magistrati, Rocco Gustavo Maruotti, che taccia la nuova legge di essere “un provvedimento folle”, da parte della politica “si veicola ancora una volta il messaggio di sfiducia che c’è nei confronti dei magistrati: come se l’unico loro obiettivo fosse quello di spiare le persone senza motivo”. In particolare, per l’esponente dell’Anm “limite di 45 giorni per l’intercettazione è un problema enorme. Chi ha esperienza giudiziaria sa benissimo che non sempre i primi giorni sono sufficienti a raccogliere le prove necessarie”. Secondo il magistrato, quindi, senza poter liberamente intercettare chicchessia per tutto il tempo che si vuole non alla luce di prove, ma alla loro ricerca, si correrebbe il rischio di minare le fondamenta di determinate indagini. Un’ipotesi seccamente smentita dal sottosegretario di Stato alla Giustizia, Francesco Paolo Sisto, per il quale la possibilità di accordare una proroga ai 45 giorni di intercettazioni alla luce di una “comprovata necessità e su elementi concreti emersi dall’indagine” non rappresenta “alcun ‘ferma-indagini’, ma solo l’obbligo di legittimare, con motivazione rafforzata, la deroga al rispetto della riservatezza, sancito dall’art. 15 della Costituzione. In questo modo viene garantito l’equilibrio tra il diritto-dovere di svolgere gli accertamenti e il diritto alla privacy dei cittadini”. E in qualche modo, il sottosegretario di Forza Italia sembra rispondere anche alla suggestione per la quale ci sarebbe da parte di governo e maggioranza l’intenzione di rappresentare la magistratura come brutta e cattiva. Sisto, infatti, chiarisce che le recenti norme e quelle in cantiere “non sono riforme ‘contro qualcuno’, ma riforme scritte per il cittadino”. Una considerazione che piaccia o meno accentua ancora una volta le enormi differenti nel modo di intendere e amministrare la giustizia.


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