Questa non l’avevamo ancora vista: oggi c’è lo sciopero dei balneari: ombrelloni chiusi per due ore, aperture ritardate e rotonde serrate fino (almeno) alle 9.30-10 di oggi. Le aziende, ma non tutte, protestano contro il governo accusato di aver fatto troppo poco sul tema caldissimo delle concessioni. Eppure, proprio alla vigilia dell’agitazione il fronte della protesta s’è subito spaccato con Assobalneari che fa un passo indietro e annuncia l’intenzione di non voler “penalizzare i consumatori”.
Più che uno sciopero degli ombrelloni sarebbe meglio definirlo la serrata dei balneari. Che è stata proclamata, l’altra sera, da Sib-Confcommercio e Fib-Confesercenti. Le ragioni della protesta in una nota congiunta dei presidenti delle rispettive associazioni, Antonio Capacchione e Maurizio Rustignoli, secondo cui: “Non vi è ancora alcun provvedimento legislativo che dia certezza agli operatori pubblici e privati sulla questione balneare. Siamo, quindi, costretti a confermare la mobilitazione della categoria con la chiusura degli ombrelloni di due ore prevista per venerdì”. Una iniziativa simbolica e di forte impatto: “Constatiamo che secondo fonti di governo un provvedimento è preannunciato in uno dei prossimi consigli dei ministri. È un segnale che non intendiamo sottovalutare, pertanto nei prossimi giorni si riuniranno nuovamente gli organismi dirigenti per valutare la situazione che, da anni, tiene con il fiato sospeso 30mila imprese e 100mila addetti diretti – conclude la nota – ed eventualmente confermare o sospendere le altre successive manifestazioni previste per il 19 e il 29 agosto”. Le ipotesi sul tavolo, per ora, sono diverse. Si parla di una proroga al più tardi fino al 2030. Si sussurra di gare da indire subito, si ricorda la necessità di fare le cose per bene, con tanto di perizie asseverate per la quantificazione di eventuali indennizzi che siano davvero adeguati per evitare poi il caos ai tribunali amministrativi. Chi preme, però, è l’Unione europea. Che ha deciso che la direttiva Bolkenstein va applicata. Subito. E che, pertanto, è decisa ad andare fino in fondo minacciando l’apertura di (un’altra) procedura di infrazione. Da Bruxelles, però, non arrivano novità e, anzi, rispediscono la palla nel campo del governo italiano: “Il 16 gennaio – ha affermato la vice portavoce capo dell’esecutivo comunitario Arianna Podestà, durante il briefing con la stampa a Bruxelles – abbiamo ricevuto una risposta dalle autorità italiane al recente parere che avevamo inviato nel novembre dello scorso anno. Abbiamo analizzato la risposta e siamo in contatto con le autorità italiane nel contesto della procedura di infrazione. Questo è l’aggiornamento che possiamo fornire in questo momento”. Intanto, nella querelle, si infilano le Regioni. In particolare, scalpita l’Emilia-Romagna. Che ha annunciato la volontà di uniformare, o quantomeno coordinare, i bandi che verranno emessi da ogni Comune e che rischiano, proprio perché non ci sono regole e linee guida fissate a livello centrale, di essere diversissimi tra di loro. E di prestare il fianco, così, a una nuova stagione densa di ricorsi al Tar.
Proprio mentre i balneari preparano i lucchetti e i consumatori alzano la voce ribadendo, come l’Unc, che sciopero degli ombrelloni vuol dire “spiagge gratis”, arriva la presa di distanza da parte di Assobalneari e La base balneare che hanno scelto di non aderire alla serrata nazionale. “Non è giusto penalizzare migliaia di consumatori che hanno scelto gli stabilimenti balneari italiani per le loro vacanze, riconoscendone qualità e funzionalità. Per questo migliaia di aziende associate ad Assobalneari e La Base Balneare con Donnedamare, le organizzazioni maggiormente rappresentative degli operatori balneari italiani, si asterranno dallo sciopero convocato da alcune sigle sindacali per venerdì 9 agosto”, spiegano Fabrizio Licordari e Bettina Bolla, rispettivamente presidenti delle due associazioni: “Difendere la mappatura rimane l’unico modo possibile per la corretta applicazione della Direttiva per generare nuove imprese, assicurare una sempre maggiore concorrenza, garantire maggiore benessere economico, creare occupazione, soddisfare i consumatori e supportare l’intero indotto”.