Attualità

Sanremo, se le cantanti vogliono le quote rosa vadano a Miss Italia

di Rita Cavallaro -


Neppure il tempo di uscire indenni da cinque serate di un Sanremo mondato dalla propaganda woke, e non a caso il Festival targato Carlo Conti ha registrato il record degli ascolti degli ultimi 40 anni, che siamo ripiombati nell’oscurità ideologica degli anni di Amadeus, quando assonnati telespettatori erano costretti fino a notte fonda davanti alla tv per scoprire la classifica, dopo ore di ammorbamento a suon di monologhi su immigrati, LGBTQ+, guerre, fascismo e qualsiasi altro pippone del politically correct, che con la musica non c’entra un tubo. Quest’anno a Sanremo è tornata al centro la canzone italiana, e con essa nuove fasce di pubblico, tra cui i giovanissimi, che non guardavano più la kermesse canora diventata festa dell’Unità. E non è un caso che tra i critici più severi, che hanno bollato la 75esima edizione come il festival dei sovranisti, si sia distinto Roberto Saviano, il quale ha dipinto Conti come il vassallo del governo Meloni, proprio nel giorno in cui l’ospite della serata era un “fascistissimo” Roberto Benigni, un regista da Oscar a cui il “regime” non avrebbe potuto imporre cosa dire all’Ariston. E infatti ha menato bordate a destra e a manca, racchiudendo la comicità di uno spettacolo durato dieci minuti delle cinque serate. Insomma, un singolo monologo che, in quanto l’unico, non solo è risultato sopportabile, ma piacevole. Il resto del tempo, che Conti ha scandito come un conduttore professionista dovrebbe fare nel rispetto dei ritmi televisivi, è stato dedicato ai cantanti in gara. I quali, finalmente, erano chiamati esclusivamente a interpretare il loro brano per il pubblico, senza quei commenti politici che in passato hanno rappresentato spaccature, e addirittura creato tensioni diplomatiche come nel caso di Ghali con il suo “stop al genocidio”. Non si è sentito nulla nelle dirette di Sanremo 2025, al punto che per tirare fuori qualche polemuccia politica è stato necessario sfruttare le conferenze stampa, dove si è imposta come paladina della sinistra Elodie, la quale, alla domanda se voterebbe Giorgia Meloni, ha risposto categoricamente “nemmeno se mi tagliassero un braccio”. In un boomerang che ha nuociuto alla stessa Elodie, già in gara con un brano debole, rispetto alle canzoni presentate dai suoi colleghi arrivati nelle prime posizioni della classifica, e “punita” da chi non l’ha votata neppure di fronte al rischio di perdere un braccio. E lei, costretta a subire le ripercussioni di quello che, di fatto, è un concorso che l’ha decretata perdente, si è sfogata sfoggiando l’inutile e stantia polemica sul patriarcato. Elodie, a Domenica In, ha vendicato Giorgia, ritenendo vergognoso per la carriera della big che non fosse arrivata neppure tra i primi cinque. Mettendo a nudo tutta l’ipocrisia di quella che è una lotta politica, quando, ai giornalisti che le facevano notare come Massimo Ranieri fosse basso in classifica, lei ha risposto “che c’entra”. A Elodie si è poi accodata la stessa Giorgia, che di fronte a un podio tutto al maschile ha sottolineato come “qualcosa di atavico e inconscio porta a non votare per le donne”. Un colpo al cuore, per chi vede in Sanremo una gara canora e non di genere, senza contare che l’anno scorso il festival l’ha vinto Angelina. E una grande mancanza di rispetto verso chi ha vinto il Festival, ovvero Olly seguito da Lucio Corsi e Brunori Sas, oltre che per il pubblico che ha speso soldi per votarli. E un consiglio: se le cantanti vogliono le quote rosa, l’anno prossimo vadano a Miss Italia.


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