Sanità privata, Mediobanca: vale 70 miliardi, in futuro il suo peso aumenterà
La sanità privata nella lente di Mediobanca. Nel 2022 31 operatori sanitari privati esaminati hanno totalizzato ricavi per 10,6 miliardi di euro, in rialzo del 2,7% sul 2021 e dell’8,7% sul 2019. Gli operatori della diagnostica sono cresciuti del 22,3% sul 2019, grazie alla domanda eccezionale di tamponi e test molecolari durante la pandemia. Seguono gli operatori ospedalieri (+10% sul 2019) e i gestori di Rsa (+4,1%) che hanno beneficiato dell’incremento del tasso di occupazione dei posti letto (mediamente superiore al 90%) e dell’apertura di nuove strutture che è proseguita anche durante la pandemia. Ripresa al palo per i player della riabilitazione (-0,4% sul 2019).
La diagnostica risente delle conseguenze del Decreto del Ministero della Salute del giugno 2023 che disciplina la nuova nomenclatura per l’assistenza specialistica ambulatoriale e protesica, con tagli medi previsti sulle tariffe delle principali prestazioni intorno al 30%, a partire dal gennaio 2025.
La migliore redditività netta è registrata da Centro di Medicina (22,2%), Humanitas (13,4%), Eurosanità (9,5%) e GHC (8,3%) nell’assistenza ospedaliera, Synlab (39,2%) nella diagnostica e San Raffaele di Roma (36,3%) nella riabilitazione.
Le posizioni patrimonialmente più solide sono quelle di IEO, Auxologico Italiano, Salus, Policlinico di Monza, Humanitas e Istituto Don Calabria, con debiti finanziari sostanzialmente assenti per il primo e intorno al 20% per gli altri.
Mediobanca definisce una “criticità” del pianeta sanità il mancato recupero delle liste d’attesa ùche, insieme a motivi economici, hanno spinto 4,5 milioni di italiani (il 7,6% della popolazione) a rinunciare a esami e visite mediche nel 2023. Le lunghe liste d’attesa inducono non solo chi è in grado di sostenere i costi, ma anche i sottoscrittori di assicurazioni private e i beneficiari di welfare aziendali, a indirizzarsi al di fuori del Ssn, contribuendo alla crescita della spesa sanitaria privata. È così lecito attendersi, nel prossimo futuro, l’aumento del peso degli operatori sanitari privati il cui giro d’affari conta in Italia 70 miliardi, pari al 40% dei numeri complessivi del comparto.
Lo scenario che si prospetta è l’appiattimento dell’incidenza sul Pil della spesa sanitaria pubblica, a fronte di una crescente richiesta di prestazioni per effetto delle dinamiche demografiche. In effetti, le statistiche internazionali evidenziano il costante invecchiamento della popolazione: nell’area Ocse, l’incidenza degli over 65 sul totale è passata dal 7,6% del 1950 al 18% del 2022, con previsione di raggiungere il 26,4% nel 2060. L’Italia, con il 23,9%, ha un valore ampiamente superiore alla media Ocse (alle spalle del solo Giappone con il 29%), atteso in rialzo al 33,4% entro il 2060.
Sempre nell’area Ocse, la speranza di vita alla nascita è cresciuta di oltre 10 anni tra il 1970 e il 2022 e in Italia si attesta a 82,6 anni, con un tasso di natalità pari a 1,25 figli per donna, tra i più bassi valori al mondo.
Nella sanità privata, nel 2022, al primo posto per ricavi si colloca Papiniano, holding del Gruppo San Donato e Ospedale San Raffaele di Milano (1.707mln), che precede Humanitas (1.122mln), Gvm – Gruppo Villa Maria (840mln), Policlinico Universitario Gemelli (799mln) e Kos (683mln).
Alcuni gruppi della sanità privata hanno una presenza geografica ramificata sul territorio nazionale: Kos, Sereni Orizzonti e Don Gnocchi sono operativi in almeno nove regioni italiane, con una presenza più marcata al Nord. Tra i player ospedalieri si distinguono Gvm e Ghc con attività, rispettivamente, in dieci e otto regioni.
Papiniano e Humanitas sono concentrati in Lombardia: il primo è attivo anche in Emilia-Romagna dove sviluppa il 4,3% dei ricavi, il secondo in Piemonte e Sicilia (21% del fatturato).
A fine 2022 le strutture sanitarie attive in Italia erano 29.354 (57% private e 43% pubbliche), in crescita di 3.272 unità sul 2010.
Italia in affanno riguardo alla spesa sanitaria. Nel confronto internazionale gli Stati Uniti emergono con il 16,6% sul Pil ($12,6mila per abitante), seguono Germania (12,7%) e Francia (12,1%). L’Italia è al di sotto della media sia in termini pro-capite con $4,3mila, che in rapporto al Pil (9,0%). Per uguagliare l’incidenza raggiunta in Germania, l’Italia dovrebbe incrementare le spese nella sanità di 77 miliardi di euro, che diventerebbero 65 miliardi prendendo a riferimento la Francia.
Relativamente alla sola spesa sanitaria pubblica, il nostro Paese nel 2022 segna il 6,8% del Pil alle spalle di Spagna (7,3%), Regno Unito (9,3%), Francia (10,3%) e Germania (10,9%). Nel 2023 l’Italia si è attestata al 6,3%, con previsione di portarsi al 6,4% nel 2024.
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