Torino

Sanità Piemonte, ecco i tre step per ridurre le liste di attesa

di Redazione -


Dopo i primi 100 giorni di assessorato, Federico Riboldi, assessore alla Sanità piemontese, traccia il percorso sull’operato futuro in un contesto in cui non mancano certo le criticità, a cominciare dalle famigerate liste d’attesa.

Riduzione attese è priorità nazionale

La situazione è nota, ahimè, ai cittadini italiani e quelli piemontesi non fanno eccezione: lunghe liste per avere prestazioni che spesso hanno le caratteristiche dell’urgenza e tempi che sono del tutto fuori linea rispetto alla soluzione del problema di salute per il quale la prestazione è richiesta. E proprio sulle liste di attesa si concentra l’attenzione di Riboldi in prima battuta: “L’acceleratore dell’operato previsto per il prossimo periodo riguarda le liste d’attesa così come indicato anche a livello nazionale, si tratta di una priorità indicata a tutte le aziende sanitarie regionali”.

I tre step per accorciare le liste d’attesa

Ma quali sono le linee di intervento previste per arrivare a superare il problema? L’assessore alla sanità ne indica fondamentalmente tre: “Innanzitutto un nuovo CUP regionale con l’intelligenza artificiale che ci consenta di gestire le criticità e avere più performance nella prenotazione. Poi l’aumento delle prestazioni anche in convenzione con l’ospedalità privata che ci consenta di smaltire le prestazioni dove siamo più in arretrato, ad esempio penso ai tre anni circa necessari per essere operati di cataratta o ad esami diagnostici su problematiche di salute che non possono attendere. La terza fase è l’aumento del personale delle nostre strutture in modo da rendere più attrattiva la sanità piemontese”.

Servono anche incentivi economici

A questo proposito Riboldi cita l’esperimento che è stato condotto nell’Asl di Verbania nel Vco, con un medico di medicina generale che ha accettato di lavorare nelle valli grazie ad un incentivo economico. Un piccolo modello di sanità, sostiene l’assessore, che può essere esteso.

Necessario fare “scouting”, anche all’estero

Non meno importante il personale, in particolare la necessità di fare “ scouting” di medici e infermieri nelle altre regioni o addirittura in altre nazioni italofone in cui c’è personale sanitario disponibile a lavorare in Italia: “Dobbiamo portarli al nostro livello e lavorare assieme per la sanità piemontese”.

Un sistema che a regime dovrebbe permettere di tagliare le liste d’attese oltre che, sottolinea l’assessore, recuperare quell’8% di cittadini che oggi rinunciano alle cure.

No al pronto soccorso privato ma sì a strutture esterne per i ricoveri

C’è poi il tema delle emergenze stagionali, con il seguito di influenze ed epidemie, che spesso sono la causa di intasamento dei pronto soccorso. La soluzione, afferma Riboldi, è quella di avere dei letti di lungodegenza esterni. E qui, rispondendo ai timori che vedono profilarsi la possibilità di ricorrere a pronto soccorso privati, l’assessore sottolinea la sua posizione senza mezzi termini: “Ribadisco il no al pronto soccorso privato come modello ma dobbiamo lavorare per appoggiarci a strutture esterne in modo che si possano smaltire ricoveri che potrebbero finire per intasare ospedali e reparti”.

Operatori di pronto soccorso i più a rischio

Infine, ma non ultimo, il tema economico: “Le aggressioni subite da chi opera nell’emergenza mostrano che sono in pronto soccorso ci sono i lavoratori più esposti: sono necessari incentivi perché chi opera nell’emergenza urgenze e oggi è davvero il più a rischio delle professioni sanitarie”.

Patrizia Corgnati ilTorinese.it – Lineaitaliapiemonte.it


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