Politica

Salvini sbaglia: l’OMS non è nelle mani di Big Pharma, ma di qualcuno ben peggiore 

di Gaetano Masciullo -


Negli ultimi anni, l’OMS è finita sotto i riflettori per la controversa gestione della pandemia, per le sue ambigue connessioni politiche e per il crescente controllo sulle politiche sanitarie nazionali. Gli Stati Uniti hanno già deciso di uscirne, mentre in Italia Matteo Salvini ha proposto di seguire l’esempio, denunciando l’influenza delle lobby farmaceutiche. La realtà però è ben più complessa: il vero problema non è solo Big Pharma, ma soprattutto il crescente intreccio tra l’OMS e il governo cinese, un’agenda sanitaria sempre più invasiva e un potere centralizzato che rischia di soffocare la sovranità nazionale e la libertà degli individui. È davvero arrivato il momento di dire addio all’OMS?

Il ritiro degli Stati Uniti da questa organizzazione sovranazionale – decisione annunciata già nel 2020 da Trump, revocata nel 2021 da Biden, infine ufficializzata lo scorso 20 gennaio 2025 – è stato un evento che ha scosso l’assetto della governance globale in materia di sanità. Tale scelta, motivata da una critica alla gestione dell’ente durante la pandemia e da sospetti di interferenze politiche ed economiche, ha aperto il dibattito sulla legittimità e l’efficacia dell’OMS stessa come organismo internazionale. Su questa linea, Matteo Salvini ha avanzato l’ipotesi che anche l’Italia dovrebbe considerare una simile uscita, in un’ottica di sovranità nazionale e di difesa delle libertà, e in contrasto con quello che viene percepito come un’eccessiva ingerenza burocratica nei rapporti tra Stato e cittadini. Il disegno di legge della Lega che va in questa direzione è stato presentato alla Camera dei Deputati lo scorso 24 gennaio.

Uno degli aspetti che ha maggiormente contribuito a mettere in discussione l’indipendenza dell’OMS riguarda i crescenti legami instaurati tra l’organizzazione, che ufficialmente viene presentata come un’agenzia specializzata delle Nazioni Unite, e il governo cinese. Nel corso degli ultimi anni, e in particolare durante la pandemia, tali relazioni sono diventate sempre più evidenti, sollevando preoccupazioni sulla possibilità che interessi geopolitici e strategici possano influenzare le decisioni globali in materia di salute pubblica. Il rischio che la Cina possa esercitare una certa influenza sull’agenda di questo ente internazionale è un rischio molto concreto ed un ragionevolissimo motivo di allarme, soprattutto in un contesto in cui la trasparenza e l’autonomia decisionale dovrebbero essere principi fondanti delle istituzioni globali. 

Come evidenziato già da tempo da fonti indipendenti, la cooperazione strategica instaurata con Pechino ha in qualche modo alterato la percezione dell’OMS, facendola apparire come uno strumento nelle mani di potenze interessate a modellare le politiche sanitarie mondiali secondo i propri interessi. Abbiamo visto tutti come, durante la pandemia, il modello cinese basato su lock-down, vaccinazione obbligatoria di massa, introduzione del green pass e di sistemi di controllo analoghi a quello cinese dei crediti sociali è stato applicato più o meno ovunque in Occidente. Per di più, non bisogna dimenticare che la Cina ritardò la comunicazione delle informazioni riguardanti il virus, contribuendo così in maniera significativa alla diffusione della malattia. Questo ritardo di 13 giorni è stato citato come un fattore significativo che ha aggravato la situazione globale, ed è onestamente difficile pensare che si sia trattato semplicemente di un “errore”.

Alcuni rapporti suggeriscono inoltre che la Cina abbia utilizzato addirittura campagne di disinformazione per influenzare le narrazioni globali riguardanti l’origine del virus e la gestione della pandemia. Queste operazioni sarebbero state coordinate con altri stati, come Iran e Russia, per diffondere contenuti in difesa della Cina comunista e presentando il virus come un’arma biologica occidentale. Per di più, secondo alcuni analisti, il recente ritiro degli Stati Uniti dall’OMS cederebbe indirettamente la leadership alla Repubblica Popolare Cinese.

Viene da chiedersi se sia possibile riformare in maniera efficace l’OMS. Una prima soluzione potrebbe essere quella di limitarsi a svolgere un ruolo di consulenza sanitaria internazionale. In particolare, l’OMS dovrebbe occuparsi di prevenzione per le malattie gravi in quelle aree del mondo che soffrono maggiormente per le carenze infrastrutturali e sanitarie. Al contrario, nel corso degli anni, l’OMS è andata ben oltre quella che era la propria missione originaria, interferendo in maniera invasiva negli stili di vita dei cittadini e nelle economie nazionali. La regolamentazione degli stili di vita si traduce direttamente in limitazione della libertà individuale e della gestione privata dell’economia. Lo abbiamo visto chiaramente durante il lock-down: distanziamento sociale, uso delle mascherine e addirittura dei guanti nelle prime settimane, autoisolamento, tracciamento degli infetti, chiusura degli spazi pubblici e conseguente fallimento di tante attività economiche, e tanto altro.  

Il ruolo di un’istituzione internazionale come l’OMS non dovrebbe essere quello di indicare regolamentazioni sulla vita dei singoli, ma piuttosto di fornire supporto e orientamenti basati sulle evidenze scientifiche per affrontare le varie questioni sanitarie, incluse le emergenze o supposte tali. L’ideale sarebbe ripensare l’OMS come un luogo di incontro e di discussione tra agenzie sanitarie specializzate di tutto il mondo, un punto di riferimento a cui i governi possano attingere per informarsi e decidere autonomamente le politiche più adeguate alle proprie realtà locali. Infatti, più un ente è lontano dal problema specifico, meno ha conoscenze adeguate per risolverlo. Ogni nazione ha sfide sanitarie diverse, legate a fattori ambientali, culturali ed economici, e nessuna istituzione sovranazionale può pretendere di imporre soluzioni universali senza rischiare di generare inefficienze o danni collaterali. Un’OMS focalizzata sul coordinamento e sullo scambio di informazioni, piuttosto che sulla centralizzazione del potere, garantirebbe una risposta sanitaria più efficace e rispettosa della sovranità nazionale. Questo eviterebbe la concentrazione del potere decisionale e ridurrebbe il rischio di influenze esterne, in particolare da parte di governi autoritari o gruppi di interesse, come appunto il Partito Comunista Cinese.  

C’è un’ultima questione degna di analisi. Matteo Salvini ha più volte affermato che l’OMS sarebbe “al soldo” delle case farmaceutiche, un’accusa che riscuote consenso in una parte significativa dell’opinione pubblica italiana. Tuttavia, da una prospettiva più approfondita e analitica, questa narrativa rischia di apparire superficiale. Sebbene sia innegabile che il rapporto tra i grandi gruppi farmaceutici e le istituzioni sanitarie internazionali possa generare conflitti di interesse, e quindi conseguente corruzione e l’introduzione di politiche ad hoc, ridurre l’intero complesso sistema della governance globale della salute a un mero gioco di interessi economici tra grandi aziende è un’analisi riduttiva e persino fuorviante.

Le dinamiche che hanno portato alla crisi attuale dell’OMS sono il risultato di numerosi fattori. Concentrarsi esclusivamente sul presunto “controllo” da parte delle case farmaceutiche significa, da un lato, semplificare il problema e, dall’altro, ignorare altri elementi chiave ben più gravi che hanno contribuito a compromettere l’indipendenza decisionale dell’ente. Una visione più completa e obiettiva della situazione evidenzia che il problema non è tanto l’influenza delle compagnie farmaceutiche, quanto la mancanza di trasparenza e soprattutto la centralizzazione del potere decisionale, che rende vulnerabile qualsiasi istituzione a lobby di vario tipo. Insomma, detto in parole semplici: l’OMS ha agito finora come la longa manus di un super-stato, l’ONU, in combutta con la più importante e pericolosa potenza socialista presente sul pianeta, la Cina.

Questi organismi devono essere pensati in maniera tale da non interferire affatto con la libertà degli stati e soprattutto dei cittadini. In una società autenticamente libera, il potere deve essere il più possibile decentralizzato. Una simile riforma strutturale riporterebbe così l’OMS al suo scopo originario ed eviterebbe di trasformarla in un laboratorio di politiche sanitarie imposte dall’alto. 

Per un futuro in cui la libertà e la sovranità restino valori imprescindibili, occorre un profondo ripensamento delle strutture internazionali e una maggiore attenzione alla trasparenza e al rispetto delle autonomie nazionali. Solo così sarà possibile garantire che le politiche sanitarie, pur essendo indispensabili per la protezione della salute pubblica, non diventino strumenti di controllo e di limitazione delle libertà individuali.


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