Politica

Salvini all’attacco di FdI: “Lega prima in Veneto alle prossime regionali”

di Ivano Tolettini -


Matteo Salvini respira l’aria del congresso nazionale di Firenze, dei prossimi 5 e 6 aprile, e alza il livello della polemica con gli alleati, soprattutto FdI, che dal settembre 2022 (risultato ampliato alle Europee 2024), con Giorgia Meloni è diventato il partito di gran lunga più votato dai veneti scollinando il 34%, mentre la Lega è stata relegata a un modesto 14%, alimentando nella base un clima di depressione. “Non dobbiamo sederci sui sondaggi che ci danno in crescita, dobbiamo lavorare a testa bassa, squadra che vince non si cambia e in Veneto squadra che vince non si cambierà col governo leghista e mi accontenterò della Lega primo partito della regione Veneto”, tuona dal palco del Palacongressi di Padova sabato 30 marzo, alzando la temperatura dei 2 mila leghisti che applaudono il Capitano. Il 9 aprile, poi, la Corte Costituzionale deciderà sul ricorso del governo contro la legge regionale campana che ha demolito il limite del terzo mandato per consentire la ricandidatura di Vincenzo De Luca. “Aspettiamo la sentenza della Consulta – incalza Salvini -, perché se eliminasse il limite dei mandati ovviamente il nome e il cognome del presidente noi ce l’abbiamo, ed è Luca Zaia. Se così non fosse, porteremo alla coalizione questi decenni di buon governo e una proposta leghista. Per continuare questo bel lavoro di squadra ci son diversi nomi, sia in regione che fuori dalla regione. Alberto Stefani sta facendo un lavoro eccezionale di sintesi. E c’è un movimento in Veneto compatto, come non lo era da tanti anni. Stefani ha fatto il sindaco e il parlamentare, ed è veramente un ragazzo in gamba, e come lui altri, ma non fatemi dire i nomi”. Insomma, Salvini non bada alle legittime aspettative di FdI che sta crescendo sia in numero di iscritti che di dirigenti nelle varie province, a testimonianza di un partito in salute che non vuole farsi mettere i piedi in testa dalla Lega, che appare agli occhi di molti osservatori come un partito di generali senza truppe. E se il nome del generale Vannacci continua a dividere la base (e non solo) veneta, tanto che lo stesso Zaia nel suo intervento imperniato sull’Autonomia differenziata, durato 13’ e interrotto da 12 applausi, non lo nomina mai, perché com’è noto gli fa venire il mal di pancia visto quant’è distante dal suo pensiero, Salvini richiama tutti a finirla con le lotte intestine, sebbene non siano passate sotto silenzio le assenze degli assessori Roberto Marcato e Gianpaolo Bottaccin, notoriamente critici con la gestione Salvini. “L’obiettivo della Lega – dice – è quello di coinvolgere e allargarsi, io sono nella Lega da 35 anni, ma chi arriva domani per me è il benvenuto se condivide le nostre battaglie. Il generale Vannacci alle Europee ha ottenuto mezzo milione di voti, è ovvio che se vorrà avere ruoli nella Lega dovrà iscriversi”. Nel frattempo, il ministro Roberto Calderoli sabato a Padova ha riscaldato il cuore degli attivisti – nonostante le tante voci degli esperti che sostengono che la legge è stata svuotata dalla Consulta e che bisognerà riscriverla -, spiegando che nelle due ultime settimane alle sue sollecitazioni dopo i ministeri dell’Economia e delle Infrastrutture hanno risposto altri 15, cosicché “la prossima settimana, una volta raccolte tutte le indicazioni, potrò portarle in Parlamento”. Come sempre tra le dichiarazioni dei leader e la realtà il divario non è mai banale, tanto che Calderoli ammette di “essere pronto a fare il kamikaze se sarà necessario” per far approvare la riforma, mentre Zaia ammette che ogni volta che “si va a Roma per l’Autonomia tutti hanno un po’ l’orticaria, ma la verità è che è un processo inevitabile”. Dichiarazioni che assomigliano molto a delle parole d’ordine, visto che il governo Meloni si è insediato due anni e mezzo fa e solo l’individuazione dei Lep per le funzioni strategiche è un processo lungo e complesso. Anche se il governatore ricama che “l’autonomia la si farà per scelta o per necessità”. Del resto, se Salvini è fin troppo conoscio che o Zaia sarà della partita regionali (eventualmente “solo” come capolista qualora la Consulta accogliesse il ricorso del governo) oppure la Lega rischierà di uscirne ammaccata, perché non ci sono i presupposti politici perché FdI “restituisca” gli elettori alla Lega. Uno dei problemi sostanziali è stata la sterzata a destra del Carroccio voluta dal segretario, che non va giù a 3 veneti su 4 perché sono moderati. Se la rielezione di Salvini domenica è scontata, non così sarà il risultato delle regionali, che non si sa ancora se si terranno in autunno o in primavera 2026.


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