Cultura & Spettacolo

Rusalka alla Scala: La rivincita di Dvorak

di Redazione -


di RICCARDO LENZI

“Rusalka”, l’opera di Dvorak messa in scena per la prima volta alla Scala (che sarà replicata fino al 22 giugno), rappresenta un piccolo caso culturale: com’è possibile che un simile capolavoro sia stato ignorato proprio dal palcoscenico del Piermarini, il cosiddetto tempio della lirica? Circostanza che va a disdoro di tutti i direttori artistici che si sono succeduti in quel ruolo dal 1901, data nella quale “Rusalka” esordì in un teatro di Praga; dunque largo merito va assegnato al sovrintendente Dominique Meyer: speriamo che i burocrati che implacabili si annidano fra le leve del potere non gli facciano fare la fine di Stephane Lissner al Teatro San Carlo. Siamo infatti di fronte all’opera più famosa di Dvorak, popolarissima in patria e molto apprezzata nei paesi anglosassoni, grazie anche al famoso disco di Charles Mackerras con il soprano Renèe Fleming nel ruolo del titolo. Rusalka significa ondina, sia in ceco che in russo, e il libretto di Jaroslav Kvapil pieno di implicazioni simboliste, messo in musica da Dvorak, non è che una tra le innumerevoli varianti sul tema, divulgato ai primi dell’Ottocento da La Motte Fouqué, dell’ondina che vuol diventare donna, e ne esce tradita e sconfitta. Un tema romantico, dunque, che fu realizzato musicalmente da Dvorak all’inizio del ventesimo secolo, quando le poetiche musicali dominanti in Europa avevano messo in crisi i temi più significativi del romanticismo. Come mai in quel contesto storico è nato un simile capolavoro? Quesito facilmente spiegabile, se si pensa che ogni artista è legato da una parte al tempo della sua formazione, dall’altro alla storia del suo contesto ambientale. La musica in Boemia, dopo secoli di navigazione nell’oceano germanico, divenne nazionale solo nell’ultimo terzo dell’Ottocento. Beninteso, nazionale secondo la vocazione della cultura ceca che è quella di mediare gli impulsi nativi con la tradizione occidentale (teutonica ma anche, attraverso Vienna, italiana). Nutrito di sinfonismo germanico, nelle sue opere liriche Dvorak guardò più alla tradizione operistica che a quella strettamente wagneriana, con una orchestrazione da mammasantissima, privilegiando il canto spiegato, nel caso di quest’opera su inflessioni tipiche del melos nazionale, così denso nel parlato di consonanti rispetto a quello italiano. Il che fa guadagnare l’opera in novità, giovinezza e freschezza, soprattutto nel primo e nel terzo atto. L’allestimento scaligero ha avuto per grande protagonista Olga Bezsmertna nel ruolo del titolo, con una voce luminosa, robusta in una estensione ragguardevole, con acuti risplendenti e una magnifica bronzea solidità nei frequenti pianissimo; un fraseggio ricco, di grande sensibilità, che riesce a costruire un personaggio di volitiva personalità, a esempio nella fatidica scena conclusiva con il Principe, ma anche pensosamente malinconico, come nella “Preghiera alla luna” del I atto. Nella parte del Principe era Dmitry Korchak, dotato di voce robusta e ben impostata, che nonostante l’impegno non riesce ad appannare il ricordo della prova allo stesso tempo possente e sinuosa di Ben Heppner, nel celebrato disco di Charles Mackerras. La regia di Emma Dante esibisce l’ormai consueto repertorio grandguignolesco. Si intuisce, come ha dichiarato in alcune interviste, che considera Rusalka una «fiaba psicologica, o meglio, psichedelica», in cui «come sempre è la donna la vittima sacrificale di questa storia». Nel primo atto una laboriosa piscina ricolma dovrebbe mettere in comunicazione il mondo delle fatate creature acquatiche con quello degli esseri umani. Rappresenterebbe l’umbratile elemento marino che Dvorak ha finemente evocato con una musica preimpressionista. Sul palcoscenico si aggirano irrequieti gli acrobati e i mimi dai costumi variopinti, camerieri con i copricapo ad oblò, ondine e ninfe, tutti come agitati da un irresistibile parletico. Per l’occasione ha debuttato sul podio dell’orchestra scaligera il direttore della Welsh National Opera, il ceco Tomáš Hanus, uno specialista della partitura che ha già diretto con merito in giro per l’Europa.


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