Cronaca

“Ruby, velina ingrata” e il New York Times gossipparo

di Rita Cavallaro -


Non se ne voglia il maestro Vittorio Feltri se a distanza di quindici anni siamo costretti a copiare il titolo di una delle sue prime pagine più memorabili, riadattandolo a quella “quarta rivoluzione epocale della storia” citata dal ministro della Cultura, Alessandro Giuli. “Ruby, velina ingrata”, un concetto che va oltre il diritto di critica politica, perché ha le sue basi nelle dichiarazioni in esclusiva che Karima el-Mahroug, passata alle cronache come Ruby Rubacuori, ha rilasciato non certo a Novella 2000, ma all’autorevole e ormai gossipparo New York Times. Tra un attacco a Donald Trump e un’analisi del conflitto mediorientale, il quotidiano della Grande Mela si diletta a ripercorrere le tappe del Bunga Bunga, per gettare fango su Silvio Berlusconi anche da morto, ricordando che il leader di Forza Italia, per quella storiaccia, era stato accusato di prostituzione minorile e concussione, dando poco rilievo al fatto che sia stato del tutto assolto, in piena formula, perché il fatto non sussiste. Insomma, non è mai esistito ma per il New York Times la storia va ricordata, partendo da quella telefonata del maggio 2010 che Berlusconi aveva fatto alla questura di Milano per il rilascio di una ragazza, accusata di furto, minorenne e senza documenti, dalla quale è nata poi l’inchiesta della procura, diventata uno scandalo di portata internazionale e un lungo iter giudiziario con i processi Ruby, Ruby bis e Ruby ter.

Ed eccola là, Ruby, con la sua intemerata da beneficata rancorosa contro il compianto Cavaliere: “Conoscere Silvio Berlusconi mi è costato molto”. E già questo è discutibile, visto che a rimetterci un governo, la reputazione e milioni di euro in difesa penale è stato Silvio. “Ha incasinato la mia vita”, insiste El-Mahroug, raccontando delle feste di Arcore e dei regali, 40mila euro tra soldi e gioielli, che Karima non ha certo rifiutato dall’uomo che le avrebbe rovinato la vita. “Sono stata etichettata come una prostituta minorenne. Ed è una parola che ti porti dietro come un marchio per sempre”, ha aggiunto, lamentandosi delle persone che sui social media si sono sentite “autorizzate a insultarmi violentemente”. Infine la stoccata perfino sulla denominazione dei processi, che portano tutti il suo soprannome. Uno scandalo, per la povera Karima, che sottolinea come i procedimenti avrebbero dovuto essere catalogati con il nome Silvio Berlusconi, perché “è stato lui l’artefice di tutto questo”. Non c’è dubbio, il Cavaliere è stato l’artefice della fortuna di molti, che hanno campato all’ombra del presidente e che, dal fango gettato su Silvio, hanno ottenuto il cemento per costruire i pilastri di una notorietà talmente immeritata… da capire che si può star bene senza complicare il pane.


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