Se non ora, mai più. In quarant’anni, quella che si presenta oggi è l’unica vera occasione di arrivare alla verità sulla scomparsa di Emanuela Orlandi, la cittadina vaticana svanita nel nulla il 22 giugno 1983, a Roma. Perché dopo la svolta positiva della Santa Sede, che lo scorso gennaio ha aperto per la prima volta in assoluto un fascicolo per fare luce sul destino della quindicenne, ora la Procura di Roma ha acquisito gli atti del Vaticano, per collaborare con l’inchiesta del procuratore di giustizia Alessandro Diddi. Agli accertamenti dei magistrati si affianca, inoltre, la commissione parlamentare d’inchiesta, già votata alla Camera. Un complesso istituzionale corale, che se da un lato evidenzia, una volta per tutte, la tenacia nel voler risolvere uno dei più grandi misteri italiani, dall’altro implica un epilogo definitivo per la famiglia della ragazza, in quanto, se neppure stavolta gli inquirenti riusciranno a svelare cosa è davvero successo a Emanuela, allora la fine della Orlandi sarà destinata a rimanere un enigma, sul quale pesano le parole che Papa Francesco consegnò al fratello Pietro Orlandi: “Emanuela è in cielo”. Il fratello della ragazza, appresa la notizia dell’acquisizione dei documenti della Santa Sede, ha mostrato un certo ottimismo: “È una cosa positiva che la procura di Roma abbia acquisito atti dal Vaticano perché per la prima volta ci sarà una collaborazione, sempre negata in passato, tra Santa Sede e magistratura ordinaria”. Un cambio di passo dalla Chiesa, che lo stesso Pietro ha toccato con mano il mese scorso, quando è stato convocato in Vaticano dal promotore Diddi, in un incontro fiume durante il quale il magistrato vaticano ha ascoltato per quasi dieci ore tutte le informazioni raccolte dal fratello della giovane negli ultimi anni. “Noi ci auguriamo che questa notizia che sta circolando sia vera, perché effettivamente è quanto la famiglia Orlandi auspica da lungo tempo. C’è una reale cooperazione tra l’Italia e il Vaticano per la ricerca della verità su quanto accaduto ad Emanuela, e sarebbe davvero un gesto non solo di giustizia ma anche molto bello in vista del quarantennale della scomparsa”, ha aggiunto l’avvocato della famiglia, Laura Sgrò. “Non perdiamo mai di vista”, ha sottolineato il legale, “che c’è una famiglia che da quarant’anni cerca un proprio familiare e che indagini, illazioni, ricostruzioni l’hanno collocata nei posti più disparati e nelle situazioni più disgraziate. Una situazione orribile, e sarebbe bello dare qualche risposta alla famiglia”. Il nuovo fascicolo aperto a piazzale Clodio, il terzo sulla sparizione di Emanuela, è stato affidato al pm Stefano Luciani, coordinato dal procuratore capo Francesco Lo Voi, e punta proprio a questo: a investigare sugli ulteriori elementi emersi negli ultimi sette, otto anni. Si riparte, insomma, dall’ultima archiviazione dell’inchiesta precedente, diretta dall’allora procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo, il quale, in alcune trasmissioni televisive, aveva rivelato di aver incontrato due rappresentanti del Vaticano che gli “promisero di rivelare dove fosse il corpo” della ragazzina. Su indicazione di una gola profonda fu aperta la tomba del boss della Banda della Magliana, tumulato incredibilmente nella chiesa di Sant’Apollinaire. Qualcuno giurava che insieme al corpo del criminale fosse stato occultato quello di Emanuela. Nulla di fatto: c’erano solo le ossa del boss. E un altro buco nell’acqua fu l’apertura di due tombe al cimitero Teutonico, indicato da un informatore segreto come il luogo in cui giacevano i resti della ragazza. Nell’ispezione fu trovata una misteriosa stanza sotterranea, costruita successivamente in cemento armato, dove custodire qualcosa di segreto, ma anche quella era vuota. Di questa stanza ne hanno parlato due alti prelati in alcune chat del 2014, tra due cellulari riservati del Vaticano, finite nelle mani di Pietro Orlandi, che su queste ultime informazioni rilevanti ha basato la sua richiesta alla Santa Sede per l’apertura dell’inchiesta, dopo aver informato perfino il Pontefice della questione. Tanto più che in quelle conversazioni, i due soggetti parlano della Orlandi in relazione a “tombaroli” e alla stanza sotterranea del Teutonico, facendo nomi pesanti, tra cui quello di Papa Bergoglio. Uno degli interlocutori sarebbe il cardinal Santos Abril y Castellò, all’epoca presidente della Commissione cardinalizia dello Ior e arciprete emerito della basilica papale di Santa Maria Maggiore. Ora queste chat, oltre ad altri atti raccolti in queste settimane dal Vaticano, sono finiti nel fascicolo aperto alla Procura di Roma, ufficialmente avviato lo scorso anno sulla base della richiesta del Csm, riguardo a un esposto presentato dalla famiglia di Emanuela. Il magistrato ha già ascoltato alcune persone informate sui fatti, sulla cui identità al momento c’è il massimo riserbo. Gli accertamenti investigativi spaziano ancora dalla Banda della Magliana ai soldi dello Ior, dal legame tra la scomparsa di Emanuela con quella di Mirella Gregori, sparita in circostanze simili il mese precedente, il 7 maggio 1983, l’anno in cui da Roma svanirono nel nulla ben venti ragazze.