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Ritorna in Sicilia lo scandalo dei souvenir di mafia: un’ordinanza, le proteste, le denunce

di Angelo Vitale -


I souvenir della mafia in vendita in Sicilia, una storia che si ripete. Non è la prima volta che desta scalpore e proteste la diffusione di gadget in qualche modo collegati alla principale organizzazione della criminalità organizzata italiana che proprio in Sicilia è nata.

Questa volta era accaduto nella centralissima via Atenea di Agrigento. Una notizia che che ha immediatamente prodotto la reazione del sindaco della Città dei Templi, che ne ha vietato la diffusione con un’ordinanza. L’atto firmato da Francesco Miccichè vieta “qualsiasi tipo di oggetto che inneggi, o richiami in qualunque modo e forme, alla mafia e alla criminalità organizzata”. Un commercio che “mortifica la comunità agrigentina, da anni impegnata nella diffusione della cultura della legalità”.

Gli oggetti in vendita riproducevano il classico stereotipo del siciliano vestito di nero con la coppola in testa e che impugna la lupara. Per essere più chiari, souvenirs che riportano la scritta “u mafiusu”. Non solo, la modernità aveva anche preteso di poter proporre una coppia, lui e lei a bordo di una macchina colorata di verde, bianco e rosso, entrambi armati di un fucile a canne mozze. E perfino le statuine di un padre, una madre e un figlio riuniti dalla scritta “famiglia mafiusa”.

Come detto, un commercio non nuovo. Cinque anni fa l’allora direttore del Parco archeologico e paesaggistico della Valle dei Templi, Giuseppe Parello, era intervenuto per denunciare la vendita di souvenir simili esposti sulle bancarelle del piazzale antistante il punto di ristoro del Parco: calamite con ceramiche affiguranti lo stereotipo del padrino di mafia con coppola e lupara.

Un commercio che non si ferma alle zone centrali dei capoluoghi dell’isola – oltre Agrigento anche Palermo – se interviene un assessore regionale siciliano a stigmatizzare “la vendita di gadget e souvenir a tema mafia negli shop e spazi commerciali degli aeroporti siciliani”. Ne chiede lo stop il titolare delle deleghe alle Infrastrutture e alla mobilità, Alessandro Aricò, con una lettera inviata ai vertici delle società di gestione degli scali di Palermo (Gesap), Catania e Comiso (Sac), Trapani (Airgest), Lampedusa (Ast) e Pantelleria (Enac). “Mantenere una immagine dignitosa e scevra dai soliti stereotipi negativi – scrive Aricò – è senza dubbio una linea ferma da tenere nei luoghi di primo approdo di turisti e visitatori che raggiungono la Sicilia, come appunto gli aeroporti dell’isola”. Già un anno fa, l’assessore aveva rivolto lo stesso invito agli armatori perché fossero rimossi i gadget e i souvenir a tema mafioso dagli spazi commerciali dei traghetti e delle navi che curano i collegamenti con le isole siciliane.

“Invito – aggiunge l’assessore – che fu subito accolto. Sono certo che lo stesso avverrà anche negli aeroporti. Questi oggetti incatenano la nostra Isola a stereotipi mortificanti, richiamano un fenomeno criminale dal quale la Sicilia si sta sforzando di liberarsi grazie al sacrificio di eroi civili e all’impegno quotidiano della stragrande maggioranza dei cittadini. Dobbiamo invece fare il massimo sforzo per diffondere la vera immagine di una terra ospitale e laboriosa”.


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