Il CARRELLO DELLA SPESA – Riso amaro: una stangata a chicchi
Riso amaro: la stangata, per le famiglie italiane, arriva a chicchi. Il riso, alimento base (anche) per la dieta mediterranea, è tra le merci che, secondo i calcoli del Codacons, ha subito i maggiori rincari nel 2024. Stando all’analisi dei consumatori, infatti, il prezzo del cereale è salito del 43,1%, piazzandosi nella top ten dei beni che, più degli altri, hanno visto il loro costo finale salire nel corso dell’anno. Ciò sarebbe dovuto al maltempo che, come ha denunciato Coldiretti nelle scorse settimane, ha flagellato le coltivazioni di riso. A dicembre, stando ai dati diffusi da Ismea, una tonnellata di riso veniva via al prezzo medio di 633,79 euro. Un prezzo di gran lunga superiore a quello di tutti gli altri cereali, il cui costo gravita tra i 219,55 del sorgo ai 298,21 euro a tonnellata per il frumento duro. Il prezzo del riso di dicembre è risultato superiore dell’1,5% rispetto a novembre scorso e, addirittura, del 15,6 per cento rispetto a dicembre 2023. Ma di risi ce ne sono tanti, di ogni varietà. E i rincari più pesanti, quelli che hanno trascinato il prezzo medio della merce al rialzo a doppia cifra, sono quelli più utilizzati in cucina dalle famiglie. Il costo del riso arborio è volato a 897,25 euro a tonnellata segnando un incremento addirittura del 52,2%. Ancora peggio va agli amanti del risotto e, in particolare, del riso Carnaroli. Il cui prezzo è volato a 906,13 euro a tonnellata per un aumento percentuale stimato nel 53,7%. Sale il costo anche del riso Roma (+14,6%), del vialone nano e del Selenio (rispettivamente +7% e +7,4%) mentre è al ribasso il prezzo del riso baldo (-12,9%) e ribe (-16,3%). Rincari che, a novembre scorso, era risultati ancora più pesanti dal momento che l’analisi trimestrale sul mercato del riso e risone della Camera di Commercio di Pavia, insieme a Bmti, aveva fotografato incrementi, sull’anno, fino al 77% per l’arborio, al 32% per il Carnaroli, al 23% per il riso Roma. Un boom che, secondo gli analisti, era dovuto alle cattive condizioni meteo, alle precipitazioni fin troppo abbondanti, che hanno contribuito a guastare i raccolti. Una circostanza importante a cui ne andrebbe unita un’altra ossia la riduzione delle superfici coltivate ad Arborio e Carnaroli che, secondo i numeri di quell’indagine, si sarebbero attestate rispettivamente al 18,7% e a un 9,5% rispetto al 2023.
Riso amaro, dunque. Ma i rincari, anche stavolta, non nascono (solo) da un’annata storta. Un’analisi di eToro ha evidenziato che il prezzo del cereale è salito, in otto anni, del 51%. E il trend rischia di non essere solo italiano. La Fao, difatti, ha fatto sapere che nel 2024 l’indice del prezzo dei cereali è crollato del 13,3% rispetto al 2023. A rappresentare l’unica eccezione, però, è stato proprio il riso, il cui prezzo è aumentato dello 0,8 per cento rispetto all’anno precedente, facendo segnale, a livello globale il massimo da sedici anni a questa parte almeno in termini nominali. Secondo gli esperti della Fao “questo aumento annuale” sarebbe dovuto alla “forte domanda di importazioni da alcuni paesi in Asia” e “alla ridotta concorrenza tra gli esportatori le hanno mantenute elevate durante i primi nove mesi del 2024”. La stessa Fao, poi, ha precisato che c’è un grave problema, per il riso, che riguarda lo stato di salute dei terreni. Avanza, infatti, il problema della salinità che pesa sul 10,7% dei campi su scala globale (anche se i dati non sarebbero del tutto precisi e il problema potrebbe avere dimensioni addirittura più vaste) e che riduce le rese delle colture del riso addirittura fino al 70 per cento.
Torna alle notizie in home