Economia

Risiko banche: Unicredit, sì dall’Antitrust su Commerz, no golden power su Mps

di Giovanni Vasso -


Altro giro, altra corsa: nuova puntata del risiko delle banche, mentre il governo – più che prevedibilmente – ha scelto di non esercitare la golden power su Mpd, Unicredit ottiene il nulla osta dall’Antitrust tedesco per salire fino al 29,99% del capitale sociale di Commerzbank. Questa, con ogni probabilità, è la notizia meno scontata e, quindi, la più sapida della giornata, o del risiko, delle banche italiane. Nella mattinata di ieri il Bfk, BundesKartellamt tedesco, ossia l’ufficio federale anti-trust della Germania, ha dato il beneplacito alla scalata dell’istituto di credito di piazza Gae Aulenti a Milano alla banca tedesca. “La sola acquisizione di minoranza notificata – si legge nella nota del Bkf che rende conto delle ragioni alla base dell’apertura del procedimento – rafforzerà la posizione di mercato di UniCredit nel settore del private e corporate banking in Germania”. L’autorità federale tedesca ha poi spiegato di aver “esaminato attentamente i settori dei servizi finanziari particolarmente interessati” e di aver riscontrato che “altri concorrenti significativi sono attivi in tutti i settori, motivo per cui l’operazione ha dovuto essere approvata”. Non c’è il rischio di una concentrazione. Anzi. “Le indagini- hanno messo nero su bianco a Berlino – si sono concentrate sulle attività regionali con clienti privati e commerciali. Sia per le parti della fusione che per i loro principali concorrenti, tra cui casse di risparmio, banche cooperative e altre banche private, sono state esaminate le filiali e la loro copertura geografica in tutta la Germania”. Il risultato è stato che “anche nelle aree in cui vi è una maggiore concentrazione, non sono stati individuati problemi legati alla fusione per quanto riguarda le attività con i clienti privati e commerciali con un fatturato fino a circa 10 milioni di euro, grazie alla struttura diversificata dei fornitori”. Il nodo non è per niente banale. Perché Commerzbank, che era già finita in crisi negli anni passati, si salvò grazie al suo ruolo, decisivo, nei confronti della clientela territoriale, di sostegno alle piccole e medie imprese tedesche. Fu grazie a questa forte compenetrazione sui mercati locali che le autorità tedesche si convinsero ad acquistare partecipazioni nel capitale sociale della banca nonostante il fallimento del progetto di fusione con Deutsche Bank. Un’altra macchia sul curriculum dello stesso Scholz, all’epoca dei fatti (era il 2019) assolutamente convinto che l’affare sarebbe andato in porto. Invece non se ne fece niente e restò in mano pubblica poco più del 15,5% delle azioni della seconda banda tedesca. Partecipazioni la cui dismissione, nei mesi scorsi, ha dato l’abbrivio della scalata a Unicredit e che, per ora, il governo tedesco, almeno fino a che al Bundeskanzleramt c’è stato Olaf Scholz, s’è impegnato a non cedere ulteriormente dopo essere sceso al 12 per cento. In Germania, la scalata degli “italiani” aveva scatenato una furiosa reazione con tanto di piano di resistenza acceso. Altro che risiko delle banche, una vera e propria guerra scatenata da Bettina Orlopp con l’avallo dei sindacati. Una strategia impostata sulla volontà di mostrare agli azionisti la redditività della banca, nonostante tutto. Anche a costo di licenziare decine e decine di bancari. Di fronte alla reazione, Unicredit affermò di essere interessata alla scalata a patto che l’affare fosse per tutti. Cosa che l’istituto di credito guidato dall’ad Andrea Orcel ha ribadito poco dopo la pubblicazione del parere del Bfk: “UniCredit rimane concentrata sull’esecuzione della seconda fase del proprio piano strategico UniCredit Unlocked. Commerzbank rimane un investimento, con protezione da eventuali ribassi. UniCredit si è assicurata l’opzionalità di poter eseguire l’operazione solo se rispetterà i suoi rigorosi parametri finanziari e se migliorerà il suo stimolante piano di base”. A Milano, però, oltre che a Berlino, si sarà guardato anche a Siena. Già perché, prima che l’antitrust tedesca emettesse il suo parere, s’è ufficializzato il “no” del governo alla golden power su Mps e, in particolare, sull’Ops avanzata da Mediobanca. A comunicarlo è stata proprio Monte Paschi in una nota in cui ha ribadito il ruolo centrale del Ministero dell’Economia e Finanze nella scelta della presidenza del consiglio. Una decisione più o meno “telefonata” dal momento che l’obiettivo di Giancarlo Giorgetti era, insieme all’uscita dello Stato dalla compagine sociale, quella di benedire la nascita di un terzo polo del credito italiano in grado di poter far fronte all’attuale duopolio Intesa-Unicredit. Ma il Mef resta un passo indietro, almeno formalmente: “Noi siamo felici spettatori di un sistema bancario in movimento: spettatori, non giocatori”, ha dichiarato il sottosegretario Federico Freni. Che ha aggiunto: “Il sistema bancario si muove, evolve, cambia e noi siamo lì e aspettiamo”. Nulla vieta agli spettatori, però, il “tifo”: “Per me l’importante è che i fondamentali del sistema bancario rimangano ottimi, quale ottimi sono oggi, e che i fondamentali del sistema bancario continuino a dare risultati alle imprese e ai cittadini. Se il sistema bancario finanzia le imprese e finanzia i cittadini va tutto bene. È ovvio che anch’io ambisco, da italiano, a un terzo polo bancario – ha concluso Freni – vediamo come e quando si configurerà”. Il risiko delle banche si sta giocando, il governo guarda e spera.


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