Turismo

LA VALIGIA SUL LETTO – Rimanere senza fiato dalla bellezza caprese

di Nicola Santini -


Dubito sia una passione soltanto mia, ma faccio coming out: amo le case che sembrano alberghi e gli alberghi che sembrano case. E amo anche l’idea che esistano posti al mondo dove rinchiudersi e nutrirsi di bellezza pura anche senza mettere il naso fuori dalla propria stanza. Purché di fronte ci sia un mare limpido e dentro un concentrato di accogliente comodità.
Ho poggiato la valigia sul letto del J.K. Place di Capri e ho detto ciao al mondo intorno, incantato dalla dicotomia del bianco e del blu, la più classica delle ricette cromatiche dei luoghi balneari, che qui vanta polarità assolute. E che si rispecchia nel mare, nelle vecchie foto, nelle librerie straripanti libri di arte e design, nel candore delle tovaglie e delle lenzuola, nelle boiserie e a bordo piscina, intervallata da cuscini azzurri, dettagli in teak, pietra, marmi prestigiosi, che annunciano, senza urlarlo, lo standing di questa location.
Ori Kafri non ne sbaglia una: sa dove trasferire la sua visione di ospitalità, adattando un format che è garanzia e non ripetizione sistematica, agli indirizzi più prestigiosi al mondo.
E se il mio cuore è fermo a Roma, nella magnificenza di un edificio che balla il ballo del mattone con Palazzo Borghese (ma il merito è anche di Maria Strati e del suo modo di ricevere), con Capri ho avuto la sensazione di quelle domeniche di un tempo, in cui la villeggiatura aveva tempi lenti e goderecci, da spendere un po’ in camera un po’ a bordo piscina, un po’ a leggere in biblioteca, un po’ a sorseggiare un drink con un piatto leggero a qualsiasi ora (anche qui la formula all day dining la fa da padrona) e ho adorato.
Michele Bonan ha azzeccato ogni singola leva del mio senso estetico andando a mettere ogni cosa al posto giusto: il contemporaneo che non teme di esserlo, il mix and match di storia e funzionalità, il classico con l’artigianale e l’elemento viaggio, le cose di altrove con una palette che gioca sugli assoluti senza mai essere urlata e ritempra col calore della materia: stoffe, legni, pietre in una sinfonia spontanea sistemano con la luce naturale e quella studiata per la sera, il bisogno di riposare e lasciare tutto fuori, dove tutto è mondano, a volte allegramente chiassoso .
Un’oasi a portata di tutto ma non di tutti e questo è un bene.
L’ingresso è quello di una casa di vacanza con i muri bianchi assoluti.
Non acceca, non si capisce come, ma lascia senza fiato.
La hall è un foyer con un tavolo colmo di libri, immagini e fiori, la reception è dietro l’angolo. Davvero: l’idea è di soggiornare in quelle case dove sanno come si riceve un ospite con tutti i crismi. Quanto amo.
Facendo due parole con Vanessa, la direttrice, toscana come me, scopro che con lei condivido la passione per i cani e discretamente mi fa notare una delle persone di servizio che ne sta portando a spasso uno come se fosse suo: “qui sono i benvenuti e se i clienti hanno bisogno li portiamo anche fuori”. Lei, il suo, lo porta a spasso alle sei di mattina quando tutta Capri dorme. Faccio la stessa cosa con Ettore e Svevo, venuti con me e coccolati in questo soggiorno, ma non ci incrociamo al momento del check out.
Per la prima volta sono rimasto nella zona del porto, senza nemmeno salire in piazzetta: una cena a due passi dal celebre Paolino per i 50 compleanni di Giorgio Imparato, tra canzoni napoletane e cibo sublime, e la mattina dopo con l’isola ancora addormentata, di ritorno a casa. Felice per aver scoperto un posto incantevole e l’altra Capri. Di cui avevo davvero una grande voglia.


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