Rigopiano, Cassazione conferma la condanna per l’ex prefetto. Appello bis per 6 dirigenti
Il 18 gennaio 2017 una valanga travolse l’Hotel Rigopiano e uccise 29 persone: dopo quasi otto anni dalla tragedia, è arrivata la decisione della Corte di Cassazione in merito al drammatico caso. I giudici hanno reso definitiva la condanna a un anno e otto mesi per Francesco Provolo, ex prefetto di Pescara, che era stato accusato di rifiuto di atti d’ufficio e falso. In parallelo, i togati hanno disposto un appello bis per sei dirigenti della Regione Abruzzo in carica all’epoca dei fatti, che nei precedenti gradi di giudizio erano stati assolti.
La sentenza della Cassazione, attesa inizialmente per il 28 novembre, era stata rinviata alla giornata del 3 dicembre per consentire ai giudici di esaminare a fondo il dossier Rigopiano, considerate la complessità del processo e le numerose posizioni degli imputati da valutare. Durante le udienze, il sostituto procuratore generale aveva avanzato richieste precise. Aveva chiesto un nuovo processo per l’ex prefetto Provolo per esaminare, oltre alle accuse già confermate di rifiuto di atti d’ufficio e falso, anche quelle più gravi di concorso in omicidio colposo, lesioni colpose e depistaggio, dalle quali Provolo era stato assolto in Appello. Il pg aveva inoltre richiesto l’annullamento delle assoluzioni per sei esponenti della protezione civile regionale, accusati di non aver preso misure adeguate a prevenire il disastro, nonostante i segnali di allarme e l’alto rischio valanghe segnalato quel giorno. Per loro, un nuovo processo dovrà fare luce sulla responsabilità legata alla gestione dell’emergenza. Emergenza spiegata, durante la requisitoria, dal sostituto procuratore generale: il giorno della tragedia era stato dichiarato un rischio valanghe di livello 4 (molto alto), comunicato tempestivamente alla prefettura e agli enti preposti e, secondo l’accusa, mancarono interventi adeguati a mitigare il pericolo, contribuendo in modo significativo alla catastrofe.
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