Rifiuti e sanità in Sicilia, le mani della mafia: confisca per 100 milioni al gruppo Paratore
Le mani della mafia sul sistema dei rifiuti e della sanità in Sicilia. La Direzione Investigativa Antimafia sta eseguendo un provvedimento emesso dal Tribunale di Catania – Sezione Misure di Prevenzione con il quale è stata disposta la confisca dell’imponente complesso societario e patrimoniale di Antonio e Carmelo Paratore, padre e figlio. I due sono a capo di uno dei gruppi imprenditoriali più importanti della Sicilia orientale, operanti in svariati settori, ma principalmente nella gestione e nello smaltimento dei rifiuti. Negli anni, i Paratore erano riusciti a creare una vera e propria galassia di imprese, diversificando le attività della famiglia con società attive nei servizi di pulizia degli ospedali, nel settore immobiliare e nella gestione di un notissimo stabilimento balneare, sito sul litorale catanese.
All’opera dal 2020 Dia e Procura distrettuale etnea, esaminando la posizione economica, finanziaria e patrimoniale degli imprenditori, già coinvolti in indagini penali coordinate dalla Procura etnea, sulla scorta delle quali erano stati tratti in arresto con l’operazione denominata ‘Piramidi’. Con il provvedimento di confisca, il Tribunale di Catania – Sezione Misure di Prevenzione ha riconosciuto lo stretto rapporto esistente da svariati decenni tra i Paratore e il boss ergastolano Maurizio Zuccaro, oggi detenuto presso il carcere di Opera Milano, storico esponente del clan Santapaola-Ercolano, già condannato per l’omicidio di Luigi Ilardo nota ‘fonte Oriente’ ucciso a Catania nel 1996.
Il forte legame tra gli indagati, già accertato in atti giudiziari precedenti, emerge con certezza anche dalla presenza dei Paratore al battesimo della figlia del boss Zuccaro nonché al matrimonio del primogenito di quest’ultimo, anch’egli condannato per reati in materia di mafia. I giudici hanno riconosciuto che sia stata proprio questa vicinanza l’origine dell’escalation imprenditoriale di Antonio e Carmelo Paratore che oggi viene definita “impressionante”. Le indagini svolte dalla Dia hanno, infatti, passato al setaccio quaranta anni della loro evoluzione economica ed imprenditoriale. Da umile carpentiere, Antonio Paratore era divenuto uno tra i più facoltosi imprenditori siciliani. Non necessariamente, di solito, un tragitto imprenditoriale legato alla criminalità ma che, stavolta, è suffragato da indagini.
In particolare quelle patrimoniali, coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia etnea, hanno consentito di accertare che l’ascesa imprenditoriale dei Paratore ha avuto una formidabile impennata intorno alla fine degli anni ’90 e che gli investimenti compiuti in quegli anni risultano caratterizzati da massicce immissioni di capitali non giustificate dalla capacità economico – finanziaria, flussi di denaro – così i giudici del Tribunale Misure di Prevenzione – provenienti dall’attività illecita del boss Maurizio Zuccaro.
Un quadro probatorio presentato all’Autorità Giudiziaria, oggi pienamente condiviso e richiamato nel decreto di confisca – che ha fatto emergere, tra l’altro, la correlazione temporale tra la crescita imprenditoriale delle imprese ed il ruolo di vertice assunto di fatto da Zuccaro in seno al clan Santapaola-Ercolano.
Il provvedimento di confisca riguarda un patrimonio consistente in 14 società di capitali (operanti prevalentemente nei settori della raccolta e trattamento dei rifiuti, nella gestione di stabilimenti balneari, nell’acquisto, nella gestione e nella vendita di immobili), nonché in 8 fabbricati e in svariati rapporti finanziari, che da oggi passano sotto il controllo dello Stato, per un valore complessivamente stimato in oltre 100 milioni di euro. Il Tribunale di Catania – Sezione Misure di Prevenzione – ha pure comminato ai Paratore la misura della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza con obbligo di soggiorno nel comune di residenza, per la durata di tre anni.
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