Attualità

LIBERALMENTE CORRETTO – Regolamento “natura” una crepa nell’edificio dell’Ue

di Michele Gelardi -


Il regolamento europeo denominato “ripristino della natura” apre due rilevanti questioni, di merito e di metodo: se la pianificazione economica dell’Ue sia legittima e opportuna; se, nel Consiglio, il voto di uno dei governi europei possa essere espresso contrariamente all’orientamento politico di quel governo. Nel merito, si osserva che la pianificazione dell’Unione europea ha superato perfino il furore ideologico dei famosi “piani quinquennali” dell’Unione sovietica, i quali almeno si davano il limite di un lustro. Il regolamento che intende “rispristinare” la natura ha un orizzonte temporale praticamente illimitato; dunque il pianificatore europeo presume di sé ancor più di quello sovietico, avendo dimenticato la fine ingloriosa di quei piani e del pianificatore medesimo. Le rigidità, che si associano inevitabilmente a ogni dirigismo centralizzato, mal si conciliano con le differenze e le peculiarità delle situazioni disciplinate. La flessibilità dei meccanismi di mercato viene sacrificata in vista di una lontana meta futura, molto vaga per i comuni mortali, ma nitidissima nell’immaginazione dei grandi pianificatori, affetti dal morbo della “presunzione fatale”. In attesa, i cittadini europei potranno consolarsi, sapendo che contribuiranno, grazie ai loro pianificatori, a ridurre la temperatura media sulla terra di un grado (da qui al 2050). I dottori del global warming li informeranno periodicamente di quale frazione di 1 si sarà ridotta la temperatura, o meglio non sarà aumentata; sicché i cittadini europei saranno orgogliosi di sapere che l’Ue avrà contribuito a ciò che non sarà. Intanto gli sprovveduti si interrogano sul significato del “ripristino”. Si dovrà tornare alle paludi? Si dovranno eliminare gli argini dei fiumi? Si dovranno eliminare tutte le pale eoliche e i pannelli solari che hanno invaso la natura, grazie al medesimo programma del Green Deal che vuole “rispristinarla”? Quest’ultima eventualità dovrebbe essere esclusa, perché le pale eoliche e i pannelli solari, pur producendo un’energia elettrica quasi insignificante, sono divenute le icone della nuova religione dell’Ue. Gli inguaribili scettici osservano, inoltre, che il costo di siffatto “ripristino” sarà abbastanza salato e graverà su tutti i cittadini, sotto forma di tasse e aumento dei prezzi, e sugli agricoltori, per i maggiori costi di produzione derivanti dalla riduzione delle superfici coltivate. E infine qualche isolato osservatore si chiede se il principio di sussidiarietà, architrave del Trattato di Lisbona, codificato all’articolo 5, sia rispettato da un regolamento siffatto. Poiché nelle politiche ambientali vige la competenza concorrente (art. 4 TFUE), si dovrebbe applicare il principio generale di sussidiarietà, secondo cui la legislazione nazionale è prioritaria e quella europea può subentrare, solo quando sia inefficace l’intervento dello Stato. Di fatto si è realizzata una sussidiarietà inversa, che viola l’art. 5 e vanifica lo spirito fondativo dell’Unione, lasciando solo un ruolo residuale alla legislazione degli Stati membri. Il grave vulnus all’architettura istituzionale dell’Europa è stato realizzato anche per altra via. Il voto decisivo per l’approvazione del regolamento è stato espresso dal rappresentante del governo austriaco in senso al Consiglio, in disaccordo con l’indirizzo politico del governo rappresentato. Il mandatario ha tradito il suo mandato, non seguendo le indicazioni del mandante. In buona sostanza, ha espresso un voto a titolo personale. Ma la signora Leonore Gewessler non sedeva nel Consiglio a titolo personale e non è stata eletta dal popolo. Se fosse una parlamentare, esprimerebbe il punto di vista della persona, in rappresentanza del suo elettorato. Ma nel Consiglio i voti sono espressi nell’interesse degli Stati, secondo l’indirizzo politico del governo in carica. Il voto personale della signora è privo di rappresentatività: non rappresenta il popolo austriaco; non il governo austriaco. Malgrado ciò, nei fatti, la legittimazione burocratica è prevalsa su quella politica. Ci rimane la speranza che dall’ultimo atto della Superburocrazia similsovietica si passi, con la nuova legislatura, al primo atto dell’Europa dei popoli.


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