Politica

ReArmEu, una mina per il governo e per il Pd

di Giuseppe Ariola -


Il piano per la difesa europea proposto dalla Commissione Ue va avanti con il sostanziale consenso espresso dai leader dei vari stati membri, pur con dei distinguo. Resta il fatto che è stato compiuto un sostanziale passo in avanti su un tema dibattuto da anni con l’improvvisa accelerata impressa da Ursula von der Leyen. Una linea che ha colto di sorpresa diversi paesi e famiglie politiche dell’Unione provocando scossoni anche negli schieramenti politici italiani. Se la maggioranza risente di una forte differenza di vedute, con la Lega che si distacca dagli alleati e boccia senza mezzi termini il piano ReArmEu, l’opposizione e il Pd in particolare non se la passano meglio. Nonostante l’attivismo di Giorgia Meloni nel tentativo di tenere unite le file del centrodestra, Matteo Salvini si è mostrato assolutamente indisponibile non solo a rivedere la propria linea sul nuovo programma di difesa europeo, ma anche semplicemente ad ammorbidirla. “È una scelta sbagliata” tuona il leader del Carroccio dopo aver incassato anche il favore – non scontato – del ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti alla linea ufficiale del partito. “È il paradosso europeo: non si poteva investire – prosegue il vicepremier – un euro in più per sanità e scuola, mentre ora si possono spendere 800 miliardi per la difesa comune?”. Di avviso diametralmente opposto l’altro vicepremier, Antonio Tajani, che a nome di Forza Italia ha invece ribadito di essere “favorevoli al quadro disegnato da von der Leyen per garantire la sicurezza dell’Europa” ReArmEu. Posizioni che hanno influito anche sul ruolo che l’Italia ha giocato a Bruxelles per chiedere al tavolo dei 27 che ogni euro investito venga contabilizzato in ambito Nato e che i fondi di coesione non vengano utilizzati per l’acquisto di armi. Proprio sui fondi di coesione ha tentato di giocare la propria partita in difesa Elly Schlein, dopo le evidenti fratture emerse tra i dem culminate con il colpo di grazia inferto da Paolo Gentiloni alla linea della segretaria. Difesa europea si, ma riarmo dei singoli stati no, bene gli investimenti, ma non si tocchino i fondi di coesione, è stata la confusa posizione assunta dalla numero uno del Pd, aggrappandosi alle perplessità emerse nel vertice del Pse, nel tentativo di galleggiare, nel partito e nell’intera compagine dell’opposizione. Di fatto una non linea che oltre ad accrescere il trambusto tra i dem ha ampliato le distanze sia dall’area centrista di Calenda, favorevole al nuovo piano di difesa Ue, che da quella contraria composta da 5 Stelle e Alleanza Verdi e Sinistra.


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