Cultura & Spettacolo

Rai, il ritorno di Luca Argentero nei panni di un Doc

di Nicola Santini -


Da stasera, in prima serata su Rai1, andrà in onda il primo degli otto appuntamenti con la terza stagione di una fiction di maggior ascolto degli ultimi anni: “Doc – Nelle tue mani”.
Un colpo di pistola alla testa: è stato questo a mandare in frantumi la vita di Andrea Fanti, primario di Medicina Interna del Policlinico Ambrosiano di Milano, interpretato da Luca Argentero. Anche se è sopravvissuto, una volta uscito dal coma, Fanti ha dovuto fare i conti con una terribile scoperta: gli ultimi dodici anni della sua vita erano svaniti nel nulla, come se non fossero mai esistiti. Non ricorda la fine del suo matrimonio, l’inizio di una nuova storia con una collega, la morte di suo figlio. Insomma, tutte le cose che, nel bene e nel male, l’hanno reso chi era. Nelle nuove puntate Doc si trova ad affrontare una nuova sfida. Reintegrato nel ruolo di primario, fa del suo meglio per gestire il reparto, cercando di raggiungere gli obiettivi fissati dalla Direzione, senza però rinunciare alla qualità e all’attenzione che pretende nei confronti dei suoi pazienti.
Ed è proprio al termine di una dura giornata di lavoro che Andrea viene folgorato da un ricordo dei dodici anni che credeva perduti per sempre. Non è che un frammento della vita che ha dimenticato, ma è sufficiente a generare in lui la speranza che la memoria torni definitivamente.
Alla vigilia del ritorno sul piccolo schermo, L’Identità ha incontrato Luca Argentero.

Luca, secondo te come mai Doc continua a ottenere così tanto successo?
Fondamentalmente Doc è un ‘medical drama’ che riflette un aspetto della società, proponendo un ideale sanitario centrato sul paziente. Non è un’utopia, ma piuttosto il desiderio di una società migliore. Nella prima stagione di Doc, per esempio, le trame ruotavano intorno alle esperienze personali del protagonista.

Nella seconda stagione, invece, protagonista è stata la pandemia di Covid…
Un evento che ha radicalmente cambiato la vita di ognuno. Gli sceneggiatori, con una sorta di anticipazione quasi profetica, sono riusciti a integrare nella narrazione alcune soluzioni che in seguito sono diventate di uso comune.

E nella terza stagione?
Per quanto riguarda la nuova stagione, anch’io ero curioso di vedere come avrebbero mantenuto alto il livello di tensione. E devo dire che ci sono riusciti, adottando un approccio che, a mio avviso, è stato un po’ audace e in stile americano.

Questa serie, a livello personale, ti ha cambiato?
Personalmente, non mi sento cambiato, sebbene sia cresciuto e maturato. Anche i miei amici storici confermano ciò.

E a livello lavorativo?
Professionalmente, Doc è stata una svolta, un rischio nel panorama italiano per essere il primo ‘medical drama’. Sono orgoglioso di questo ruolo, che ha generato empatia e ha reso Doc un progetto speciale per me.

Un’ultima curiosità: in passato hai mai pensato di diventare medico per davvero?
No, mai pensato. Non avrei mai scelto un lavoro con una responsabilità così alta come quella di avere vite umane nelle proprie mani. Tuttavia, ho imparato molto a livello teorico sulla medicina durante questi anni con Doc.


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