Cultura & Spettacolo

Quel pasticciaccio brutto di Modigliani

di Redazione -


Quel pasticciaccio brutto di Modigliani

di ALBERTO FILIPPI

Dopo la sentenza di assoluzione per tutti gli imputati dall’accusa di truffa nell’organizzazione della mostra sul Modigliani a Genova nel 2017 l’avvocato milanese Franca Vitelli (nella foto a destra) afferma: “Tutelerò la mia Cliente nella fase del giudizio di Appello” e “agirò civilmente al fine del risarcimento dei danni contro i soggetti che hanno dato il via al procedimento”; tutto questo avviene in quanto alla cliente non imputata sono stati sequestrati tre quadri due dei quali successivamente ritenuti non attribuibili, mentre il terzo sicuramente di Modigliani.
“Quello che cerco non è né la realtà né l’irrealtà, ma l’inconscio, il mistero dell’istinto nella razza umana.” La frase attribuita ad Amedeo Modigliani sembra adattarsi non solo agli affascinanti risvolti del suo lavoro d’artista ma pure alla sorte delle sue opere, vere o false, dopo la sua morte.
Nei giorni scorsi è giunta a sentenza la nota controversia agendo su Genova: quale lezione si ricava da questa vicenda?
Mi consenta di partire da questa premessa: la storica beffa del luglio 1984, quando un artista locale e tre ragazzi burloni ingannarono diversi autorevolissimi critici con le false teste attribuite all’artista livornese, fatte trovare nel canale del Fosso Reale, sembra esempio ideale di quello che le neuroscienze definiscono “bias cognitivo”, un pregiudizio che stravolge una valutazione. Trovare conferma di quella che era una leggenda, il gesto di Modigliani di aver scagliato nel fosso delle sue opere incomplete, era talmente accattivante da costituire appunto un gigantesco “bias cognitivo”: alcuni grandi esperti “vollero” credere a quella suggestione e l’emozione di quella scoperta annebbiò il loro senso critico. Con esiti disastrosi, per la reputazione di alcuni di loro.
Nei giorni scorsi è giunta a sentenza un’altra vicenda riguardante le opere di Modigliani. Con un esito paradossale. Dopo una lunga trafila giudiziaria, che riguardava la nota controversia sorta nell’ambito della mostra a Genova dove i noti accusatori, il professore Marc Restellini e il critico Carlo Pepi, hanno ritenuto false quasi tutte le opere esposte, senza, per quanto ci risulta, neppure partecipare personalmente alla mostra! Oggi, con la sentenza di primo grado, sono stati assolti tutti gli imputati che potrebbero legittimamente promuovere cause giudiziarie, sia in sede penale che civile, contro coloro che hanno dato origine al paradossale processo che nonostante l’assoluzione di cui sopra ha prodotto conseguenze devastanti e costi esorbitanti!
Infatti, per quanto riguarda la mia Assistita, due dei suoi tre dipinti sequestrati, di cui i periti del tribunale contestavano l’autenticità sulla base di analisi incomplete e superficiali, sono stati comunque definiti dei falsi, malgrado per anni siano comparsi in mostre e cataloghi. Non solo ma anche senza considerare il giudizio di altri esperti tra cui il Professor Vittorio Sgarbi che in un articolo apparso su Il Giornale ha bollato come “incompetenti” i periti che hanno negato l’autenticità.
Che posizione aveva quindi la sua cliente nel processo?
Paradosso nel paradosso; la collezionista proprietaria di quelle opere non era parte in causa e per questo non ha potuto contestare l’accusa di falso, che ha abbattuto il valore commerciale dei suoi quadri, che ora dovranno esporre la scritta sul retro” opera falsa non attribuibile ad Amedeo Modigliani” (Sic!).
Quindi come prevenire i problemi prima di dover oggi cercare una cura?
Oggi, in realtà, vi sono tecniche all’avanguardia per eseguire analisi scientifiche sui dipinti che potrebbero aiutare a comprenderne la verità ed è sempre molto rischioso schierarsi per l’autenticità o meno di opere del periodo cosiddetto d’avanguardia tra il 1900 e il 1920 dove – come insegna il Prof Christian Parisot- non esistevano registri, contratti ecc a testimoniare i vari passaggi di proprietà. Le perizie disposte dalla Procura sono state purtroppo eseguite da tecnici non accreditati nel mondo scientifico, che hanno eseguito analisi incomplete e superficiali con mezzi anacronistici, ad esempio con prelievi sulle tele in pochi punti, prelievi effettuati solo in superficie e con tecniche non invasive e, pertanto, non idonee per verificare la conformità dei pigmenti individuati ed accertare eventuali restauri. Tutto ciò senza neppure eseguire una semplice radiografia sulle tele! Tali perizie per di più avevano individuato in tutte e tre le opere della mia Cliente le stesse presunte criticità (presenza bianco di titanio, poi “smontato” da parte dei tecnici degli imputati nel corso del giudizio, paletta colori e firma).
Dunque avvocato, Come è possibile che alla fine due siano state dichiarate non autentiche e una sì, quando i risultati peritali sono emersi identici?
La sottoscritta, seguirà la Cliente sia nella fase del giudizio di Appello al fine di tutelare i suoi diritti di proprietaria delle tre tele, sia civilmente al fine del risarcimento del danno in quanto nota e accreditata collezionista nel mondo dell’Arte, gravemente danneggiata da soggetti che hanno dato il via ad un procedimento in cui non ha potuto difendere l’autenticità delle proprie opere che le verrebbero restituite con il timbro indelebile di non autenticità e screditandola anche personalmente. Mi chiedo quindi come la Giustizia non abbia saputo dotarsi di strumenti idonei per accertare la verità o con un filo di malizia se l’intera vicenda sia stata creata ad arte per soli motivi economici e personali di taluni soggetti. Questo resta un mistero, che forse avrebbe intrigato lo stesso Modigliani.


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