Quei selfie osceni con la salma del Papa son davvero osceni?
Come spesso accade il campionissimo è Renzi, non a caso detto Il Bomba. Racconta, proprio dopo la morte di Sua Santità, di incontri fugaci e segreti con lui che arriva travestito dentro a un’utilitaria, e il Papa che dopo illuminanti chiacchierate poi lo riaccompagna e gli chiude lo sportello. Sarà tutto vero, per carità, ma perché tirarlo fuori adesso? Non è sgradevole, un po’ mitomaniacale e un po’ troppo egocentrico parlare di sé perfino quando muore il Papa? Se è un po’ tristina l’esibizione di selfie col morto e il profluvio di ricordi personali d’una serata col VIP appena scomparso (sui post di Facebook legati all’amicizia presunta con defunti celebri, si potrebbe riempire un’enciclopedia di almeno trenta volumi), diventa imbarazzante quando a lasciare la vita terrena è una guida spirituale, non un semplice famoso. E ciò vieppiù stride se parliamo d’una figura indefettibilmente sobria e schietta come Jorge Mario Bergoglio, Sancte Romanae Ecclesiae Franciscus. Nella vita reale, però, la gara a pubblicare il souvenir col morto, ahinoi, stavolta è stata iper partecipata, specie da politici di rango.
Ma poi anche nei pressi del cadavere esposto per l’ultimo saluto ai fedeli, sono centinaia quelli che non resistono a scattarsi un selfie col fu Papa sullo sfondo. Poi, naturalmente, lo pubblicano.
Qui dobbiamo sforzarci di comprendere: cosa c’è di meno spirituale che fotografarsi sorridendo accanto alla maschera di un uomo anziano appena spirato, per poi spararsi lo scatto sui social? Non è blasfemia, non è mancanza di rispetto -almeno vogliamo sperarlo- ma è certamente una mancanza di senso della misura, un totale distacco dalla realtà, un esempio lampante di inopportunità inconsapevole. Eppure è (quasi) la prassi. Vogliamo chiederci perché? Vogliamo chiederci perché si sceglie così spesso di non raccogliersi in preghiera, meditare in silenzio, omaggiare la salma senza voler diventare protagonista del momento?
Il punto è proprio questo: i politici pubblicando il proprio ricordo col Santo Padre sperano di prendere like, ricevere ammirazione, portare avanti questa stucchevole campagna elettorale permanente. Le persone comuni, facendo il selfie col Papa morto cercano di rendere non personale ma universale il proprio singolare ricordo, senza rendersi conto di quanto si possa così rovinare per sempre proprio quel ricordo, macchiandolo inevitabilmente con l’inchiostro amaro dell’ inopportunità o peggio della stupidità. Ma siamo poi sicuri sia stupido? Siamo poi sicuri sia inopportuno? Siamo poi sicuri di non essere noi -noi che ancora crediamo che la sobrietà (lì sì!) e la discrezione siano obbligatorie in questi frangenti- ad essere fuori tempo, fuori luogo, forse davvero stupidi e inopportuni? I social ci hanno cambiato la vita, l’esibizione perenne del sé è una prassi con cui -piaccia o meno- tutti dobbiamo fare i conti. E se fossero cambiati così tanto i costumi da rendere sbagliati quelli che omaggiano in rispettoso silenzio l’uomo di pace venuto dall’Argentina? Se avessero ragione loro, cioè quelli dei sorrisi ebeti e dei racconti inediti pubblicati a poche ore dalla morte, con la fregola esibizionista d’un bambino di cinque anni? È un dubbio che dobbiamo porci, così come dobbiamo chiederci quanto opportuna sia ai funerali la presenza di quelli come Milei, che di Francesco aveva detto: “È un imbecille, rappresenta il male sulla terra, un figlio di…”. Non era meglio stare a casa, dopo tali insulti? Avremmo
bisogno di Papa Francesco ancora per un po’, per chiedergli lumi su chi sbaglia e chi ha ragione in quest’epoca di esibizionismo spudorato e buio.
Ma illuminato dai flash.
Torna alle notizie in home