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Quei fondi alla Striscia di Gaza: Così Ue e Arabia pagano Hamas

di Redazione -


Quei fondi alla Striscia di Gaza: ecco chi ostacola lo sviluppo socio-economico di quella piccola fetta di terra 

di CARLO GIOVANARDI

Quando ero vicepresidente della Camera dei deputati invitai a cena Giulio Andreotti e Arnaldo Forlani, ambedue ex presidenti del Consiglio e ministri degli Esteri. La conversazione cadde sulla decisione del Governo italiano di chiudere con il trattato di Osimo del 1975 il contenzioso con la Yugoslavia sulla sovranità dei Territori della Zona B dell’Istria, occupati militarmente dagli slavi sin dal 1945.
Ambedue mi ricordarono colloqui con Arafat, capo dell’OLP, nei quali i ministri italiani indicavano la strada di pace percorsa dall’Italia (lungimirante oggi che siamo tutti in Europa), sulla quale Arafat non ebbe nulla da obiettare anzi lodò la nostra astuzia nel far finta di rinunciare a terre che appena possibile avremmo riconquistato militarmente.
E inutili furono i tentativi di Andreotti e Forlani di spiegargli che sul serio noi non rimettevamo in discussione i confini così come erano stati disegnati dopo la seconda guerra mondiale.
L’episodio mi è venuto in mente ricordando che diversamente da quello che fece la Yugoslavia dei Comunisti di Tito, costringendo all’ esodo trecentomila italiani di Fiume, Istria, Dalmazia e Zara, nel caso così discusso in questi giorni della striscia di Gaza, Israele ha restituito nel 2005 quel Territorio, che aveva occupato nel 1967 nel corso della Guerra dei 6 giorni, alla sovranità della Autorità Palestinese.
Negli anni successivi il controllo di Gaza è stato assunto dall’organizzazione terroristica di Hamas, che dopo aver vinto le elezioni del 2006, ha instaurato un regime nel quale non può esistere dissenso.
Quando pertanto si enfatizza la tragica situazione dei due milioni di abitanti residenti nella Striscia, bisognerà pure porsi qualche domanda.
Tipo: è vero o no che l’Europa e ricchi Paesi arabi sovvenzionano con somme importanti le Autorità della Striscia ?

E’ vero o no che tali importanti risorse, invece di essere destinate al miglioramento delle condizioni economiche e civili della popolazione, vengono dirottate per scavare tunnel, fabbricare od acquistare armi e decine di migliaia di missili con i quali colpire indiscriminatamente la popolazione civile di Israele, a cui si nega il diritto di esistere? E’ vero che dopo il 2006 non si è più votato, e chi dissente, compresi i militanti dell’OLP, viene eliminato fisicamente?
E infine: è vero che la popolazione di Gaza è condannata per sempre ad un futuro di povertà e disperazione?
Nelle tabelle allegate ho messo a confronto la situazione di cinque piccoli Stati, tutti con una densità di popolazione per Chilometro quadrato superiore a quella di Gaza.
Gibilterra e’ ancora contesa tra Inghilterra e Spagna, Hong Kong vive un difficile momento politico dopo essere stato assorbito dalla Cina Comunista, Singapore ha proclamato unilateralmente la sua indipendenza dalla Malesia, Monaco è poco più di una piccola cittadina.
Quello che invece accomuna queste quattro realtà, così lontane culturalmente e geograficamente, è la loro straordinaria ricchezza, frutto di uno strepitoso sviluppo economico.

Se chi legge può avere la pazienza di guardare una carta geografica del Medio Oriente scoprirà che in uno sterminato territorio con decine di Stati arabi e mussulmani, sciiti o sunniti, Israele è un piccolissimo pezzo di terra all’interno del quale c’è la minuscola Striscia di Gaza.
La pace di Israele con l’Arabia Saudita ed altri Paesi arabi, che sembrava a portata di mano, avrebbe creato le condizioni perché Gaza potesse ambire ad uno sviluppo come quello conosciuto da Israele, dove tra l’altro si recavano a lavorare migliaia di palestinesi.
Con la pace tutto si può ottenere, con la violenza ed il terrorismo tutto è perduto: lo sa bene Israele la cui sopravvivenza viene ancora una volta messa in discussione.
Sono convinto che così la pensi anche larga parte del popolo palestinese, che purtroppo però non può far sentire la sua voce.


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