Quando il TAR nega la storia: il paradosso delle “terme” vietate
In una sentenza della settimana scorsa, il TAR del Lazio ha stabilito che il termine “terme” può essere utilizzato solo per impianti che impiegano acque termali naturali, escludendo così tutte quelle strutture che offrono esperienze termali senza sfruttare sorgenti naturali. Una decisione che si distingue per superficialità e ridicolo, ma che rischia di cancellare duemila anni di storia e di smentire perfino gli antichi Romani, inventori stessi del concetto di thermae.
Infatti, secondo i giudici amministrativi (che la storia non sembrano averla studiata), le celebri Terme di Caracalla, di Diocleziano o di Traiano – magnifici complessi che ancora oggi sono simbolo della civiltà romana – andrebbero multate per “pubblicità ingannevole” dal momento che non avrebbero potuto definirsi terme, perché la loro acqua non proveniva da fonti naturali, ma veniva raccolta dagli acquedotti e riscaldata artificialmente tramite forni sotterranei. Chiunque si sia confrontato, anche incidentalmente, con i libri di storia sa benissimo che gli antichi Romani avevano studiato a fondo gli effetti benefici dell’acqua e, grazie ad una sequenza di “stanze” chiamate calidarium, tepidarium e frigidarium, controllavano accuratamente la qualità e temperatura dell’acqua.
I Romani, infatti, non concepivano le terme come un luogo legato esclusivamente a una specifica fonte termale, ma come spazi di benessere, igiene e socialità. Un concetto che ha attraversato i secoli e che oggi continua a evolversi, con impianti moderni che offrono esperienze simili grazie a tecnologie avanzate.
La sentenza del TAR tradisce una visione restrittiva e anacronistica, che rischia di penalizzare l’Italia a favore di altri paesi, dove invece l’antica cultura termale romana è molto più diffusa. In Italia, infatti, il settore termale si è chiuso a riccio su una visione sanitaria ed elitaria, che ha limitato i servizi termali sempre più a fasce di reddito alte ed alle persone anziane. In altri paesi, invece, il termine terme ha assunto un significato culturale e sociale che va ben oltre la mera presenza di acque termali naturali. Molte strutture, pur non avendo una sorgente propria, ricreano fedelmente l’esperienza termale romana attraverso il controllo della temperatura dell’acqua, bagni caldi e freddi, saune e percorsi di benessere. In questo modo, si consente ai bagnanti di potersi immergere più a lungo e senza effetti collaterali, mentre le acque termali naturali possono essere nocive se l’esposizione è prolungata nel tempo, senza considerare la difficile gestione dei minerali indesiderati spesso contenuti nelle acque naturali, dei fumi, dei cattivi odori e delle emissioni, soprattutto in spazi chiusi, ed il loro relativo impatto negativo sull’ambiente. Molti di questi impianti utilizzano fonti geotermiche per riscaldare l’acqua a temperature ottimali, con eccellenti prestazioni in quanto ad efficienza energetica.
Se la legge dovesse seguire questa interpretazione letterale, si creerebbe un’assurdità: dovremmo riscrivere la storia e negare la stessa etimologia del termine terme, che non indica una provenienza specifica dell’acqua, ma il concetto di calore e benessere.
Se gli antichi Romani potessero rispondere al TAR, probabilmente riderebbero di fronte a un paradosso che nega proprio il contributo che loro stessi hanno dato alla nostra cultura.
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