“Quando c’era Silvio”, la sinistra orfana è divisa
Quando c’era Silvio, Michele Santoro e Roberto Vecchioni non litigavano, anzi condividevano le piazze dei girotondi, si sentivano fratelli, e stavano dalla stessa parte, insieme anche a Travaglio, Flores d’Arcais, Pancho Pardi, Nanni Moretti e tanti altri. Quando c’era Silvio, Marco Travaglio non s’incazzava con Repubblica accusandola (non senza ragione) di doppiezza, anzi su Repubblica ci scriveva, e con grande energia anche lui scendeva in piazza rivendicando una piattaforma politica chiara e leggibile. Quando c’era Silvio il comune di Roma non finanziava le manifestazioni indette da un giornale privato (e perché proprio Repubblica?), e i girotondi erano autofinanziati. Quando c’era Silvio, un Roberto Benigni scatenato e pieno di energie realizzava uno spettacolo da 100 minuti quasi interamente incentrato sulla figura di Berlusconi (che Benigni sfotteva con verve) e di chi a Berlusconi era vicino. In particolare rispetto a Pierferdinando Casini, Benigni si esprimeva così: “Si aprì una macchina e non scese nessuno: era Casini, noto frequentatore di sé stesso”. Quando c’era Silvio, Michele Serra condivideva con Benigni il giudizio severo su Casini, e sul suo Cuore, il settimanale di satira che Serra dirigeva, non lesinava cannonate contro l’allora leader dell’UDC e chiunque stesse vicino al CAV. Quando c’era Silvio non sarebbe stato possibile nemmeno in un racconto di fantascienza immaginare due piazze distinte -e in polemica tra loro- con il segretario della CGIL che sta in una ed il segretario di Rifondazione Comunista che sta nell’altra. Quando c’era Silvio non capitava di leggere, fra le adesioni ad una manifestazione politica, i nomi di Francesco Guccini e Giorgio Armani uno dietro l’altro. Quando c’era Silvio c’erano schieramenti netti e decisi, un’atmosfera quasi da guerra civile, da “con noi o contro di noi”, e una singolare unità, nel cosiddetto centrosinistra, che benché nascesse dall’avversione ad una singola persona, Berlusconi appunto, dava comunque un riferimento a milioni di italiani. Poi la neve è squagliata, con la nascita dei cinquestelle prima e con la scomparsa di Berlusconi poi. Ed ecco che il panorama del post-Silvio regala sorprese, specie agli ingenui. Pierferdinando Casini, Roberto Benigni e Nanni Moretti votano per lo stesso partito, e Francesco Guccini approva con convinzione che Casini sia eletto a Bologna col centrosinistra. Ma non era terribile? Evidentemente solo con Silvio vicino, senza diventa un pupo. E senza Silvio non nascono solo amori inattesi, ma esplodono anche faide tra ex-amici: Santoro urla contro Vecchioni, Travaglio spara a zero non solo contro Repubblica, ma contro la manifestazione dove c’erano anche Augias, Pif, Bisio, Carofiglio e un bel gruppo di anti berlusconiani di ferro. Moretti non parla più di politica, crediamo a malincuore. Senza Silvio Rifondazione e Potere al Popolo parlano della piazza di Landini persino peggio di come parlavano di Silvio stesso. Senza Silvio, insomma, la fortezza Bastiani dell’allora ostentato purismo di sinistra ha mostrato tutta la sua fragilità, la sua confusione, la sua assoluta mancanza di unità e collante, finendo per sgretolarsi come la Baliverna (ci perdoni Buzzati per il saccheggio).
Senza Silvio, insomma, sembra evidente che Silvio manchi alla sinistra ben più di quanto manchi alla destra, il che spiega tantissime cose, in primis la forza di Giorgia Meloni e la debolezza di chi le si dovrebbe opporre.
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