Qualcuno ci spia ogni giorno: è il nostro smartphone tramite l’Active Listening
Active Listening, o ascolto attivo, è una tecnica utilizzata in diverse aree di mercato, come la comunicazione interpersonale e l’assistenza clienti, per comprendere meglio il messaggio di un interlocutore. Tuttavia, nell’era digitale, si parla anche di “ascolto attivo” in un contesto tecnologico, in particolare riferito ai dispositivi come gli smartphone che tutti noi utilizziamo quotidianamente. Uno degli aspetti che preoccupa molti utenti è la possibilità che i nostri smartphone “ascoltino” le nostre conversazioni attraverso il microfono, anche quando non stiamo utilizzando attivamente il telefono. Questa preoccupazione deriva dall’impressione che, dopo aver parlato di un determinato argomento, spesso ci vengano mostrati annunci pubblicitari pertinenti a ciò che abbiamo discusso. Ma come funziona realmente questo meccanismo, come agisce l’Active Listening? Gli smartphone moderni sono dotati di microfoni sempre attivi per consentire il riconoscimento vocale e l’assistenza virtuale, come Siri, Google Assistant o Alexa. Questi assistenti vocali sono programmati per rispondere a comandi specifici, come “Ok Google” o “Hey Siri”. Per farlo, devono essere in uno stato di “ascolto” costante, che consente loro di rilevare le parole chiave. Questa funzionalità ha alimentato timori che i nostri telefoni possano raccogliere dati vocali anche al di fuori di questi comandi, inviando poi le informazioni raccolte alle aziende pubblicitarie. Tuttavia, le grandi aziende come Google e Apple affermano che i dispositivi non registrano né inviano dati audio senza il consenso esplicito dell’utente. L’attivazione del microfono avviene solo quando viene riconosciuto un comando vocale specifico, e i dati raccolti vengono utilizzati solo per migliorare i servizi, come la risposta alle richieste dell’utente. Ma allora gli annunci pubblicitari personalizzati sono una coincidenza? La personalizzazione degli annunci pubblicitari è legata principalmente alla raccolta di dati di navigazione e al comportamento online, piuttosto che all’ascolto delle conversazioni vocali. Gli algoritmi utilizzano le informazioni come le ricerche su internet, i siti visitati, le interazioni sui social media e la geolocalizzazione per creare profili dettagliati e offrire contenuti pubblicitari mirati. Tuttavia, spesso riceviamo in tempo reale annunci pubblicitari relativi a temi di cui hanno parlato solo verbalmente, senza aver mai fatto ricerche online. In realtà, questa sensazione può derivare dalla vastissima quantità di dati che gli algoritmi utilizzano per prevedere i nostri interessi, e talvolta le coincidenze possono sembrare più che semplici correlazioni. Per chi è preoccupato della propria privacy, esistono vari modi per proteggersi. Si possono, ad esempio, disattivare i comandi vocali sugli smartphone, limitare i permessi delle app e utilizzare software che bloccano la raccolta dei dati e in casi estremi dove si vuole essere certi di non essere spiati, disattivare il microfono o lasciare l’apparecchio in qualche altra stanza. Spegnerlo non garantisce totalmente la possibilità di essere ascoltati da remoto in quanto la batteria integrata consente allo smartphone di avere sempre un minimo di attività anche da spento.
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