Esteri

PRIMA PAGINA – Sila e gli altri: la guerra a Gaza uccide l’umanità

di Dino Giarrusso -

.


La morte è morte, non la puoi addolcire né colorare. Morte arriva brutale e violenta o silenziosa e naturale per sopraggiunti limiti di tempo. Armata di falce come in un fumetto horror è un’assente presenza cattiva e fredda, è l’incubo di Beethoven, è l’atroce beffa di chi sa d’essere condannato, è la commare secca di Bertolucci e Pasolini, e implacabile avrà pure gli occhi più belli, come ben sapeva Cesare Pavese. La morte non risparmia nessuno, la morte non fa sconti. Ma chi mai può arrogarsi il diritto di diventare morte, e di uccidere volontariamente altri esseri umani. è un dilemma antico quanto l’uomo, un buco di coscienza pre-biblico, ancestrale, infinito. In guerra uccidere si può, dice qualcuno; ma rispettando le regole d’ingaggio, s’ammonisce altrove. In guerra, in ogni guerra, si uccide. E vecchia come l’uomo è anche la guerra, certo, e dunque la viltà della guerra, le bugie schifose che ne giustificano gli orrori, gli interessi grassi e materiali che come benzina ne gonfiano le fiamme e le gravose ustioni. La guerra è il male per ogni pacifista, è lavoro buono solo per la morte e per chi la morte usa per speculare, per arricchirsi inumanamente, dormendo poi il sonno tormentato del rimorso o quello atrocemente sereno dei privi di coscienza. Ma persino chi è privo di coscienza e aduso a vendere morte e di morte campare, non può fingere di non vedere quel che avviene a Gaza, ogni giorno, da oltre un anno. Anche chi non crede in nostro Signore Gesù Cristo e non ne festeggia il Natale, non può rimanere freddo rispetto a Gaza. Ventimila bambini morti non sono qualcosa che può avere a che fare con l’umanità, non sono una possibilità con la quale fare i conti, non sono nemmeno guerra, non sono più neanche morte. Sono altro, sono di più. Ventimila bambini morti sono oltre ogni definizione possibile, sono qualcosa di così atroce che le parole non bastano, non possono aiutarci a descrivere davvero ciò che accade. Perché questo abominio che però in effetti accade, ed è reale, si piazza abbondantemente oltre l’umano, oltre il concepibile, oltre ciò che i “venti caratteruzzi” cari a Galileo possano servire a comprendere o a spiegare. Si chiamava Sila, la bambina morta di freddo a soli ventuno giorni di vita, a Gaza. Sila come la bella zona montuosa della Calabria. Sila piccolissima, imberbe, dolce bambina incolpevole che nelle nostre addormentate coscienze occidentali sarà da oggi più enorme ed insuperabile di qualunque reale o iperbolica catena montuosa. Dopo di lei pare altri tre piccolini siano morti per la stessa causa: il freddo. La morte fredda. La morte portata dal freddo. Nel 2024, a bambini di pochi giorni. Sila, a differenza di Gesù Cristo che in quelle zone sopravvisse più di due millenni fa anche grazie al fiato di un asino e di un bue, è morta così. E nelle nostre tiepide case, nel nostro benessere ottuso, qui in Italia (e non solo) fra una fetta di pandoro e uno champagne, dibattiamo imbelli sulla possibilità di definire “genocidio” quanto avviene a Gaza. “Maledetti!” mi verrebbe da dire ogni volta che leggo o ascolto una stupidissima infame discussione sulla liceità della definizione di genocidio per quanto accade a Gaza. Ma c’è da chiedersi: sono maledetti cretini che non capiscono come le loro ciarle inutili siano buone solo per distogliere occhi e coscienze dalla enormità inaccettabile di quelle morti, o maledetti mercanti di distrazione, di quella fuffa maligna come droga ottundente che può uccidere più delle armi perché ci allontana dal fare e dal dire quello che dovremmo fare e dire?
Cosa manca, oggi, perché arrivi una condanna netta e senza appelli di quanto sta facendo Israele a Gaza? Quello di Netanyahu è un governo che meriterebbe qualunque sanzione prevista dal diritto internazionale e il quotidiano universale disprezzo morale, da parte di tutti. L’attuale governo di Israele, che infanga un popolo che invece ha diritto al nostro sommo rispetto e dovrebbe ribellarsi ad ogni costo a chi perseguita altri esseri umani con scelte inumane, quelle che invece non possono avere diritto di cittadinanza in nessuna società evoluta, e meritano ogni possibile ritorsione civile. Personalmente ho dedicato ogni mio intervento in Parlamento europeo dal 7 ottobre 2023 alla condanna ferma verso l’infame terrorismo di Hamas e verso l’inumana indegna inaccettabile violenza di Israele, che nemmeno un cieco d’occhi e di cuore potrebbe giustificare quale risposta a quell’infamia. È stato inutile, non lo nego: una sconfitta politica completa di chiunque abbia cercato di far ragionare l’Italia, l’Europa, l’umanità intera. Quelle parole urlate a Strasburgo non sono servite a Sila, quelle parole non hanno aiutato quei ventimila bambini morti senza che l’intera comunità internazionale abbia unanimemente condannato gli assassini, quelle parole – ed anche queste che sto scrivendo adesso – non aiuteranno i bambini destinati a morire a Gaza oggi, domani, domenica prossima. Il mondo si sta abituando all’inumano, specie se quell’inumano è sufficientemente distante, e sta persino trovando modo di giustificarlo e di distrarsi, giocando a chiedersi quale sia la definizione adatta a quell’orrore anti-umano. Il mondo, l’Europa, l’Italia, sono oggi pieni di persone divenute indifferenti ad un tale abisso di inconcepibile violenza, e questo dovrebbe far suonare ogni allarme sociale. Ci si scambia i regali, si organizzano cenoni e veglioni, si mangiano dolcetti, si guardano e commentano i reality in TV e le coppie Vip che si formano e che scoppiano. Forse perché la realtà è troppo dura da guardare, o forse perché qualcuno o qualcosa ha avuto – ben prima che se li prendesse la morte – gli occhi del mondo e di tutti quegli esseri umani che continuano a vivere indifferenti al cadavere di Sila e di tutti gli altri bambini perduti a Gaza. Ma che futuro può avere, un mondo senza occhi?


Torna alle notizie in home