Politica

PRIMA PAGINA – Movimento 5 Stelle, storia del tradimento di un sogno

di Dino Giarrusso -


“Ci siamo dati la regola del doppio mandato e l’abbiamo rispettata! L’abbiamo rispettata per tutelare voi, per evitare che la politica possa diventare un affare privato, una tutela del destino personale di chi vi deve rappresentare. E questa regola la rispetteremo tutti, vale anche per me! Per noi la politica è un servizio a favore dei cittadini e le cariche elettive devono avere un mandato temporale preciso, devono essere temporanee: non possiamo noi tollerare che il Movimento 5 Stelle diventi una forza come tutte le altre! Una forza dove ci sono persone che ormai lavorano da professionisti della politica specializzati nella gestione del potere: noi vogliamo essere specializzati nella tutela dei vostri interessi! E ci batteremo perché la regola del doppio mandato, così rivoluzionaria, sia adottata da tutti i partiti!”

Queste parole appassionate in difesa della più identitaria regola interna del M5S non le ha pronunciate il fondatore Beppe Grillo (storicamente legato a questa norma), né Alessandro di Battista in un comizio delle origini, né il sottoscritto che al Movimento aveva aderito anche per il rivoluzionario principio che impediva di fatto la creazione di carriere politiche eterne. No, quelle parole le ha pronunciate da un palco Giuseppe Conte nel settembre 2022, pochi giorni prima del voto, chiedendo agli italiani di scegliere il partito da lui presieduto proprio perché non ammette politici di professione e orgogliosamente vieta di stare nel palazzo per più di due mandati. (qui il video: https://vm.tiktok.com/ZNe33YVGQ/ )


Conte che dopo due anni sceglie di abolire quella regola, spalleggiato in ciò da tutti i suoi sodali, speranzosi di restare in aeternum in Parlamento alla faccia di ogni presunta diversità, è un perfetto paradigma del perché Grillo dica “Il Movimento Cinquestelle è morto”. Ma ancora più interessante, emblematico e di fatto decisivo nella riuscita del progetto di Conte, è il silenzio tombale rispetto a questa e a tutte le violazioni perpetrate contro le norme e lo spirito originario dei Cinquestelle negli ultimi tre anni. Conte non si giustifica rispetto all’aver tradito quella dichiarazione poiché nessuno in Italia, né la stampa amica né quella avversa, gliene chiede conto. Il tradimento di un precetto cardine del M5S – che segue, come vedremo tanti altri segni distintivi – passa inosservato. Grazie ad un sapiente lavoro di riscrittura della storia (benché recentissima) si è fatta strada la narrazione fuorviante secondo la quale Conte sarebbe un paladino dei diritti della base amante della democrazia, e Grillo un padre padrone con pretese feudali. Le cose stanno davvero così?
In questo speciale ci proponiamo di raccontare – attenendoci rigorosamente ai fatti, non distorcendoli né confondendoli con le opinioni nostre o altrui – cosa sia veramente successo dal 2020 ad oggi al M5S (prima forza politica italiana alle elezioni del 2013 e del 2018), chi ha preso determinate decisioni, cosa ha fatto Conte, cosa ha fatto Grillo e perché il parlare – come si è fatto finora – della lite Conte/Grillo è solo un’arma di distrazione di massa utile a non raccontare la metamorfosi silenziosa (e silenziata) imposta dall’avvocato pugliese ad una forza di popolo oggi sempre più simile agli altri partiti esistenti, e forse anche per questo in drammatico e costante calo di consensi.

Gli Stati Generali, il primo congresso nella storia dei Cinquestelle

All’inizio del 2020, il Movimento Cinquestelle vive una crisi d’identità piuttosto pesante, legata agli strascichi del governo con la Lega – che ha portato ottimi risultati in termini di riforme come il RdC ma ha tolto consensi – e dalla scelta di far poi un governo con il PD, fortemente inviso alla base grillina. Luigi Di Maio si è dimesso dalla carica di capo politico a gennaio, dicendo “i peggiori nemici sono quelli interni”, e rivelando definitivamente la tremenda difficoltà di gestire un partito che di fatto non ha strutture intermedie. Il capo politico reggente diventa Vito Crimi, membro più anziano del collegio dei garanti. Complice la pandemia, Crimi resta al suo posto molto più del previsto, ma ciò non migliora il caos interno del Movimento, tanto che ascoltando la base si decide di indire il primo vero congresso nella storia del partito/non partito: gli Stati Generali. Nel novembre del 2020, dopo mesi di una fase preparatoria che ha visto migliaia di attivisti spendersi per decine di migliaia di ore di lavoro, il M5S celebra gli Stati Generali, lasciando decidere alla propria base (davvero, e senza limiti di partecipazione) come impostare il futuro. Il risultato di quel congresso impone un cambio di rotta netto, sia nell’organizzazione interna che nella scelta delle alleanze, nonché rispetto a principi e valori. (qui il link: https://www.ilblogdellestelle.it/2020/12/conclusione-stati-generali-ed-elezione-tesoriere-i-risultati-delle-votazioni.html )

Il congresso decide che ci dovranno essere sedi territoriali, che le alleanze verranno valutate volta per volta con l’assenso degli iscritti, che il ruolo dell’attivista verrà valorizzato, che dovrà essere stilata una carta dei valori, e soprattutto che il M5S non avrà più un capo politico ma un organo collegiale di cinque membri, eletto dalla base secondo precisi criteri. Quegli Stati Generali, però, erano stati concepiti non solo per rilanciare l’azione politica del M5S e riaccendere l’entusiasmo, ma anche per soppesare il gradimento degli esponenti più in vista con una sorta di conta interna. Saranno infatti i 30 più votati fra tutti gli iscritti ad aver diritto di parola in chiusura ai lavori. Sono ben 978 i candidati, e il reggente Crimi sceglie di comunicare l’elenco dei 30 in ordine alfabetico, assicurando che i risultati di quella votazione verranno comunicati solo dopo l’elezione della nuova governance, affinché la loro pubblicazione non influenzi l’imminente votazione della nuova dirigenza.
(https://www.ilblogdellestelle.it/2020/11/stati-generali-i-risultati-delle-votazioni.html)

La volontà tradita: cosa ne è stato del congresso, e chi ha scelto di ignorarne i risultati

I risultati di quella votazione, però, il partito della trasparenza e dell’onestà non li ha mai, mai comunicati. Ed è significativo che nessuno (nemmeno il Fatto, Travaglio, Scanzi, Sommi… sempre attenti a far le pulci agli altri, saranno stati distratti?) ne abbia chiesto conto a Vito Crimi, né a Giuseppe Conte che di lì a poco ne prese il posto. Una votazione con decine di migliaia di votanti il cui risultato viene nascosto per sempre, come un segreto indicibile. Ma non era l’espressione democratica della base?
Quella votazione teoricamente simbolica (avere 5 minuti per parlare in chiusura di congresso non era in sé significativo) ha probabilmente cambiato per sempre il destino del partito e della comunità che si era creata attorno all’idea di Grillo e Casaleggio. Ciò che sappiamo per certo, infatti, è che i primi tre di quei trenta furono nell’ordine Alessandro di Battista (circa 12mila voti), Dino Giarrusso (circa 8mila voti) e Luigi Di Maio (circa 4mila voti). Pare che tutti gli altri fossero molto, molto dietro. È bene sapere che pur non avendo una struttura, dunque dei rappresentanti territoriali “ufficiali”, il Movimento aveva da sempre un ristretto gruppo di “animali più uguali degli altri”, in particolare i garanti Crimi, Cancelleri e Lombardi, l’ex-capo politico Luigi Di Maio, la vicepresidente del Senato Paola Taverna, il presidente della Camera Roberto Fico. Quel risultato sorprese le alte sfere dei Cinquestelle, e li mise in guardia. In molti, specie in chi aveva avuto accesso ai risultati di quella votazione, temevano un organo collegiale molto diverso dal gruppo che fino a quel momento aveva avuto più potere nel Movimento, e fra i nomi che venivano dati per favoriti c’erano Di Battista, Raggi, Giarrusso, Toninelli, Morra: l’ala più movimentista aveva più sostegno dalla base, e quelli che più s’erano adattati alla vita di palazzo, rischiavano di restare indietro. Ma questa è solo un’ipotesi, giacché quella votazione non si farà mai. Benché vi fosse stato un regolare congresso, il Movimento Cinquestelle non ne rispetterà mai la volontà. L’organo collegiale non verrà mai votato e molte altre decisioni congressuali non avranno alcun seguito, sempre nel silenzio di chi oggi si strappa i capelli per quanto sia bella la democrazia dell’assemblea costituente. Vito Crimi non dirà mai come era andata quella votazione che tanto scosse gli autonominati vertici del partito, timorosi di perdere il proprio potere interno.

La caduta di Conte e la nascita del governo Draghi: alibi perfetti per distruggere il Movimento

A gennaio 2021, poco dopo la chiusura degli Stati Generali, Renzi decide di fare Renzi, dunque fa cadere Conte. Se ne vanterà per anni, non lesinando insulti in pubblico allo stesso Conte e a tutto il Movimento Cinquestelle, salvo lamentarsi poi del veto che essi impongono alla coalizione di centrosinistra rispetto al suo partitino. Conte non è più presidente del Consiglio, e le alte gerarchie grilline con un blitz decidono che il presidente (che al Movimento non è mai stato iscritto, oltre a non averlo mai votato) per sterilizzare i pericoli derivanti dall’esito degli Stati Generali. È il primo momento in cui si divide nettamente la sacra regola del potere alla base con le sopravvenute esigenze di una classe dirigente ormai da quasi otto anni ben ambientatasi nei palazzi del potere. Le elezioni della nuova governance vengono rimandate senza annuncio: la base le aspetta, il reggente Crimi non le indice. Il Movimento però è ancora nettamente il primo partito in Parlamento: bisogna scegliere se chiedere il voto anticipato o entrare in un governo tecnico: i numeri perché il governo sia fatto da altri ed il M5S vada all’opposizione, non ci sono. Mattarella dà l’incarico a Draghi, il Movimento sceglie di far votare alla base se entrare o meno nel nascente governo del banchiere, e sia Grillo che Conte dicono convintamente che è meglio votare sì. È l’inizio della fine.
(segue domani: il racconto arriverà ai giorni nostri, con la votazione ripetuta come da Statuto)


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