Attualità

PRIMA PAGINA – La Nutella, il dolce successo di Ferrero e della globalizzazione

di Marina Cismondi -


“Che mondo sarebbe, senza Nutella” è sicuramente uno degli slogan pubblicitari più azzeccati e parlare di “mondo”, in questo caso, non è assolutamente un’esagerazione. Ogni anno si vendono in 170 paesi circa 400 mila tonnellate della crema spalmabile e la Ferrero ha 37 stabilimenti sparsi in cinque continenti, con 47 mila dipendenti di 145 nazionalità diverse. Ed anche per gli ingredienti principali di cui è composta la Nutella si può parlare di tutto il pianeta senza aver paura di esagerare: lo zucchero di canna arriva da Brasile, India, Messico ed Australia; l’olio di palma da Malesia e Indonesia; il cacao da Costa d’Avorio, Ghana e Nigeria. E le famose nocciole, che furono alla base della ricetta degli “antenati” della Nutella, nati proprio per utilizzarle, poiché facilmente reperibili nelle Langhe? Per quelle è addirittura nata nel 2015 una società che riunisce tutte le attività relative alle nocciole, la Ferrero Hazelnut Company. Gestisce 7 impianti di trasformazione del prodotto, 10 “agrifarm” e la gestione dei raccolti delle migliaia e migliaia di coltivatori. I noccioleti che riforniscono la Ferrero si estendono per 740 mila ettari in Turchia, 90 mila in Italia e 70 mila fra Cile e Usa. Non esattamente un prodotto a chilometro zero. Chissà cosa ne penserebbe Pietro Ferrero, fondatore dell’azienda che porta il suo nome ed inventore della Nutella nel lontano 1942? Pietro nacque alla fine del 1800 a Farigliano, comune delle Langhe, da una famiglia di origini contadine. Nel 1940 aprì una pasticceria a Torino, ma ben presto tornò nelle sue terre natie ed aprì un laboratorio ad Alba per realizzare prodotti dolciari. Durante la Seconda Guerra Mondiale, la carenza di cacao e la necessità di utilizzare materie prime locali lo portano a sperimentare un prodotto a base di nocciole. Dopo anni di tentativi, realizza una barretta facilmente tagliabile e spalmabile e la lancia sul mercato con il nome “Gianduiot” (dal nome della maschera piemontese Gianduia), prodotto che riscuote un enorme successo. Da meno di dieci dipendenti, la società passa in due anni ad oltre 100 e dalla produzione artigianale a quella industriale, aprendo la sua prima fabbrica. Nel 1949 Pietro muore e alla conduzione dell’azienda subentrano la moglie,il figlio Michele ed il fratello Giovanni. Nel 1951 il “Giandujot” diventa una crema in barattolo più facile da spalmare e nel 1964 la ricetta viene ulteriormente migliorata: nasce la Nutella, nome scelto da Michele Ferrero, derivante da “nut”, noce, nocciola in inglese. Già l’anno successivo la Nutella sbarca in Germania, nel 1966 arriva in Francia e nel 1978 viene inaugurato il primo stabilimento produttivo fuori dall’Europa, in Australia, vicino a Sidney. Ed arriviamo alle attuali declinazioni della gamma Nutella, dai donut ai croissant, dal gelato ai muffin, dai biscotti alla Nutella vegana. Ed agli oltre 18 miliardi di fatturato della Ferrero, con tutti i suoi famosissimi brand, dal Kinder al Rocher, dal Tic Tac alla Fiesta. Al comando di questo colosso troviamo Giovanni Ferrero, figlio di Michele, amministratore delegato dal 2011, quando morì prematuramente suo fratello Pietro. Uomo più ricco d’Italia secondo la classifica di Forbes da parecchi anni, al quarto posto in Europa, con un patrimonio che supera i 40 miliardi di dollari. Un colosso mondiale che però, in buona compagnia di tanti altri colossi, è migrato a cercare meno burocrazia ed un trattamento fiscale meno pesante fuori dall’Italia. Il gruppo Ferrero è strutturato attraverso una infinita serie di società internazionali, finanziarie e fiduciarie di controllo. La holding Ferrero International, che ha sede legale e fiscale in Lussemburgo dal 1997, discende da holding estere create già parecchi anni prima, con sede nelle Antille Olandesi. Sempre in Lussemburgo c’è la Teseo Capital che si occupa di diversificare i capitali Ferrero. C’è anche un’altra holding riconducibile a Ferrero, la Cht Invest, in Belgio, che si occupa di investimenti ed acquisizioni. Infine a Montecarlo c’è la “cassaforte di famiglia”, la Fedesa, che si occupa di investire in azioni ed obbligazioni, in aziende “mature” per rilanciarle, in start up ed in immobili. Tutto assolutamente legale, in Europa è possibile stabilire la sede legale e fiscale in un paese diverso dal proprio. E Ferrero, come già detto, è in buona compagnia: Eni, Enel, Exor, Stellantis, Mediaset, Luxottica, Illy, Campari, Telecom e molti molti altri. La maggior parte hanno sede in Olanda, dove il diritto societario è meno complesso e dove è quasi nulla la tassazione sugli utili. Sono stimati in circa trenta i miliardi che non sono entrati nelle casse del fisco italiano dalle aziende che hanno spostato la sede fiscale nei Paesi Bassi. Il paradosso è che fra queste ci sono anche aziende pubbliche, in pratica l’Italia paga tasse all’Olanda. Ma torniamo in Piemonte. A fine dello scorso anno la città di Alba è stata scioccata dalle rivendicazioni delle operaie della Proteco, società con centinaia di dipendenti, che si occupa del confezionamento di vari prodotti per conto della Ferrero, la multinazionale che è sempre stata considerata un modello per i livelli salariali e l’erogazione di benefit, sempre attenta al benessere dei propri dipendenti. Queste operaie, in gran parte straniere, secondo il sindacato USB, percepiscono un salario netto di 5 euro l’ora, spesso per un part-time di 24 ore e vengono lasciate senza retribuzione, quando c’è un calo nelle lavorazioni, anche per tre mesi. Dopo manifestazioni davanti ai cancelli dell’azienda, ora la loro vertenza è passata alle vie legali. Un situazione che stride terribilmente con l’immagine che noi tutti abbiamo della Ferrero, in grado di rendere felici bimbi, mamme e papà. Nei Caroselli degli anni ’70, la Ferrero era il “Gigante Amico” capace di risolvere tutti i problemi e far tornare la felicità. Non ci faccia ricredere, cavalier Giovanni Ferrero.


Torna alle notizie in home