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PRIMA PAGINA – Il calcio preso a calci e “svenduto” agli stranieri

di Marina Cismondi -


Lo scorso 3 febbraio veniva rieletto alla presidenza della FIGC, Federazione Italiana Giuoco Calcio, per il terzo mandato consecutivo, Gabriele Gravina. L’assemblea deliberava l’elezione con il 98% dei voti, dimostrazione che al mondo del calcio è gradito che, al vertice della federazione che lo rappresenta, ci sia ancora lui. Un presidente che, dal 2018 ad oggi, nei suoi “palmarès” può vantare la mancata qualificazione ai Mondiali del 2022 e la disfatta agli Europei del 2024, ma che soprattutto nulla ha fatto per riformare un sistema che sta facendo acqua da tutte le parti.
Partendo dal discorso della Nazionale Azzurra, non si può non constatare che il campionato di Serie A di italiano ha ormai ben poco. Le squadre di vertice, e non solo, sono ormai quasi tutte infarcite di calciatori provenienti da ogni parte del mondo. Secondo il sito Transfermarkt, nel Milan, Parma e Venezia troviamo il 77% di calciatori stranieri, Juventus, Verona, Inter e Lazio superano il 70%, Nell’Udinese si arriva addirittura all’87%, nel Lecce all’85% e nel Torino all’83%. Fanno eccezione la Fiorentina, dove il 60% dei calciatori è italiano ed il Monza, dove solo un terzo dei giocatori è straniero. Se si devono scovare “eccellenze” da convocare per le competizioni della nostra nazionale è sempre più ristretta la possibilità di scelta.

Anche per quanto riguarda la proprietà dei club, il passaggio in mani straniere negli ultimi anni è diventato una regola. Con la recente acquisizione del Verona da parte del fondo americano Presidio e con il Genoa passato all’imprenditore rumeno Sucu, sulle 20 squadre partecipanti al massimo torneo, ben 11 sono in mano a proprietari stranieri, di cui otto di provenienza americana, volendo considerare la Juventus ancora italiana, visto che la maggioranza delle sue quote è detenuta dalla olandese Exor.
La situazione economica della quasi totalità delle società del pallone ha trasformato i club italiani in terra di conquista da parte di fondi ed investitori stranieri, fenomeno difficilmente comprensibile, alla luce di bilanci costantemente in perdita e di società che, anno dopo anno, accumulano debiti.
Sulla base degli ultimi dati disponibili, solo sei squadre hanno un indebitamento inferiore ai loro ricavi annui, la più virtuosa è la Fiorentina. Fanalino di coda sono il Genoa e la Roma con un indebitamento che è più del doppio del loro fatturato. L’Inter ha un debito monstre di 807 milioni a fronte di 425 milioni di ricavi annui. Anche il Torino, nonostante che il patron Urbano Cairo si sia spesso vantato della sua gestione oculata, è messo decisamente male, avendo accumulato quasi 160 milioni di debiti a fronte di un fatturato di soli 101 milioni. Stessa situazione contabile per la Juventus, 791 milioni di debiti contro 507 milioni di ricavi. Ma Inter e Juventus hanno potuto comunque spendere, nel mercato calciatori 24/25, rispettivamente 62 e 87 milioni.

Debiti e bilanci in rosso da parte della maggioranza dei club sono un forte ed esplicativo segnale di un sistema deteriorato, che necessiterebbe di importanti riforme e di interventi legislativi. Invece assistiamo a gestioni societarie che finiscono nel mirino della magistratura, ma sulle quali la giustizia sportiva pare restia ad attivarsi per imporre rigide regole e per comminare sanzioni adeguate.
A fine 2024 è iniziato il processo alla vecchia dirigenza della Juventus, dove sono coinvolti, tra gli altri, l’ex presidente Andrea Agnelli e l’ex vice Pavel Nedved. Le accuse sono di aggiotaggio, ostacolo alla vigilanza e false fatturazioni. Si ipotizzano plusvalenze fittizie e manovre sugli stipendi dei calciatori durante la pandemia da Covid. Considerando che, per quanto riguarda le presunte plusvalenze fittizie, hanno partecipato agli scambi di calciatori con valutazioni “fantasiose” numerose altre squadre, italiane e straniere, è perlomeno singolare che sul banco degli imputati sia finita solo una società.
Altra nota più che dolente è l’attuale situazione degli stadi italiani: obsoleti e non funzionali, mediamente superano i 60 anni di età ed un terzo sarebbe da rifare. Mentre in Europa si sono costruiti 153 nuovi stadi negli ultimi 10 anni, in Italia si continua solo a parlare di progetti che regolarmente restano imbrigliati nelle reti della burocrazia e delle contrapposizioni politiche. Ad Ottobre 2026 è prevista la verifica Uefa per valutare le strutture sedi delle partite del Mondiale 2032, assegnato a Italia e Turchia. A parte i soli tre stadi ritenuti idonei – Allianz, San Siro e Olimpico di Roma – nulla è stato finora fatto per adeguarne almeno altri due.

Ultimo ma non ultimo per importanza, quello che – come da indagini in corso e come già emerse nel 2016 relativamente alla Juventus – la magistratura sta portando a galla: le infiltrazioni della criminalità organizzata nelle curve delle due squadre milanesi. Fenomeno isolato che coinvolge solo questi club? Dai “pissi pissi” delle varie tifoserie pare proprio di no.
Tirando le somme, da una trentina di anni a questa parte, fra doping, partite truccate, scommesse illegali, presidenti indagati, iniqua ripartizione dei diritti TV, presunte plusvalenze taroccate, bilanci disastrosi e bancarotte, ‘ndrangheta, arbitri ed addetti VAR non all’altezza, stadi antidiluviani, è difficile comprendere, per un non tifoso, come possano ancora esserci in Italia milioni e milioni di appassionati. Poco importa soddisfarli con lealtà, correttezza sportiva e strutture adeguate, a parte alcune eccezioni viene solo sfruttata la loro passione, funzionale agli sponsor, alle Pay TV, al botteghino, alle scommesse ed al merchandising. Quindi, a prescindere da tutto, “the show must go on”.


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