Primo Piano

PRIMA PAGINA – Caso Ramy come Gaza: gara di bugie per curve ultrà

di Dino Giarrusso -


Provo un sincero imbarazzo, dopo aver studiato per anni sui preziosi testi del professor Ugo Volli a rileggere le sue parole su questo giornale, che citano anche il mio ultimo articolo su Gaza e per l’ennesima volta – in questo Volli è in abbondante ma non sempre buona compagnia- cercano di minimizzare le enormi responsabilità del governo Netanyahu sulla carneficina che lo stesso sta compiendo ai danni del popolo palestinese. Ma l’imbarazzo aumenta dopo le nuove giornate di delirio vissute in Italia, con la morte del giovane musulmano Ramy che diventa ragione di ulteriori divisioni in curve da stadio, di schieramenti preconcetti, di “team” contrapposti: Io sto con i carabinieri v/s Io sto con Ramy, come se esistessero solo il bianco e il nero, come se non si potesse mai entrare nel merito delle cose ma fossimo improvvisamente tutti giurati di un tragico reality, tutti obbligati ad alzare la paletta, tutti col pollice all’insu o all’ingiù.
Civili e bambini muoiono a Gaza, italiani di ogni credo religioso muoiono (e vengono rapinati, picchiati, umiliati, privati della serenità, della sicurezza e del diritto di uscire in santa pace da casa propria) e tutto ciò che l’intellighenzia e la stampa nostrana son capaci di fare, è dividersi in curve, ancora una volta, come se stessimo parlando di un derby o di un talent e non della vita, delle esistenze nostre e dell’umanità stessa. Caro professor Volli, denunciare la perdita d’umanità del governo israeliano non significa essere antisemita, né tantomeno dimenticare l’orrore di cui è responsabile Hamas, ciò che non ho mai fatto né da deputato né da commentatore. Benché fare la conta dei morti (ed accapigliarsi su quella, così come sul triste discutere se sia lecita o meno la definizione di “genocidio” per ciò che accade a Gaza) sia esercizio squallido e piccino, giacché anche un solo bambino morto dovrebbe essere un orrore inaccettabile, mi preme fare qui presente che è la rivista scientifica Lancet a dire che i numeri finora circolati sono sì inaffidabili ma per difetto, non per eccesso. The Lancet stima infatti circa 70mila vittime, con almeno 40mila (il 60% del totale) fra donne, bambini e anziani. Save The Children riporta come corretta la stima di oltre tremila bambini palestinesi sotto i cinque anni di età morti ammazzati. Poi ci sono quelli sopra i cinque anni. Lancet e Save The Children sono organi di Hamas? L’orrore dei bambini morti di freddo è purtroppo confermato da osservatori indipendenti e da medici che operano in loco, mentre qui, nelle nostre tiepide case, c’è chi lo nega.
Ma poi, nella gara a denunciare le brutture altrui e le presunte fakenews della controparte, arriva il capolavoro di Lepore, Bonaccini, Lerner (poi scusatosi) ed altri che s’indignano per “la vile aggressione alla sinagoga di Bologna” postando la foto di una scritta “free Gaza” fatta sul muro d’una casa di riposo che nemmeno confina con la sinagoga. Urla che costringono la questura di Bologna a smentire il narrato assalto al luogo di culto ebraico, dichiaratamente infondato anche secondo lo stesso Presidente della comunità ebraica Daniele La Paz. A questo siamo, insomma: si negano i morti o se ne minimizza il peso, si finge di non sapere come e quanto Netanyahu abbia portato Israele ad infrangere le norme del diritto internazionale, ma si inventano panzane che vengono riportate sui social proprio da chi dovrebbe assicurarsi di non diffondere bufale pericolose come torce in una miniera di gas. Bugie patetiche che alimentano questo sciagurato gioco a trasformare cose così serie in scontri fra falangi ultras o fra fans di quei personaggi televisivi che si urlano su un’isola deserta in favore di telecamera. Chi ci perde, infine? Ci perde la memoria di Ramy, ci perdono i bimbi e gli adulti morti a Gaza, ci perdono gli innocenti uccisi o rapiti da Hamas e le loro famiglie, ci perde il senso della misura e della solidarietà verso altri esseri umani incolpevoli. Il tifo non ammette solidarietà, è cieca rivendicazione di sé, delle proprie opinioni, della propria partigianeria, della rabbia repressa da sfogare urlando. Noi, ci perdiamo. Noi tutti. Noi italiani, noi esseri umani. E se qualcuno si chiede chi ci guadagna, farebbe bene a rivedere l’ultima puntata di Report, che qualcosa su chi ci guadagna ce l’ha quantomeno suggerita.


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