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PRIMA PAGINA – Ancora senza giustizia le vittime di Rigopiano

di Marina Cismondi -


PRIMA PAGINA – Ancora senza giustizia le vittime di Rigopiano

Edoardo, con la vivacità incontenibile dei suoi otto anni, non riesce a non correre nei corridoi di quel fantastico hotel, attirato ed incantato dal magnifico presepe e dai luccicanti alberi di Natale. “Papà andiamo in piscina? Mamma posso andare nella neve?”. È in vacanza con mamma Nadia e papà Sebastiano, i fratelli più grandi sono rimasti a casa, le attenzioni sono tutte per lui, è al settimo cielo. Ma Nadia e Sebastiano, anche se non lo fanno trasparire al loro bimbo, non sono tranquilli. La nevicata, incessante da ore, ha ricoperto totalmente le auto nel posteggio e gli accumuli di neve hanno ormai schermato le enormi finestre del resort.

Il proprietario dell’hotel cerca di tranquillizzare tutti, promettendo che l’arrivo degli spazzaneve è imminente, ma le ore passano e non si vede arrivare nessun mezzo. Alle ore 10,25 del 18 gennaio 2017 il nervosismo si trasforma in paura ed angoscia: una forte scossa di terremoto, seguita da altre tre, scuote violentemente la struttura alberghiera. I 28 ospiti dell’hotel preparano le valigie e liberano le auto dai cumuli di neve, pronti a partire non appena la strada provinciale sarà agibile. Le 12 persone che lavorano nell’albergo si fanno in quattro per alleviare la tensione. Edoardo sta giocando con due amichetti nella sala da biliardo ed alle 16,44, dopo un boato assordante, uno spostamento d’aria li sbatte a terra e tutto diventa buio pesto. “Mamma!!Papà!!”… solo silenzio. Per Edoardo non ci saranno più risposte dai suoi genitori, come per altri 13 figli, gli orfani di Rigopiano. E tanti genitori non rivedranno più i loro ragazzi.

Una valanga di 120 mila tonnellate di neve, rocce ed alberi ha fatto accartocciare su se stesso l’hotel Gran Sasso Resort, i suoi quattro piani sono macerie seppellite da metri di neve. Un dipendente del resort, salvatosi nel locale caldaia insieme ad un ospite dell’albergo che era uscito nel parcheggio, riesce a chiamare i soccorsi, ma non viene creduto. Comunica la tragedia ad un suo conoscente via Whatsapp (non più riuscendo ad agganciare la linea telefonica) chiedendogli di avvisare le autorità della catastrofe. Ma anche quest’ultimo non solo non viene creduto, viene addirittura sbeffeggiato dall’operatrice della prefettura. Solo alle 19,00 si attiveranno i soccorsi, che riusciranno a raggiungere il luogo della tragedia all’alba del giorno dopo. Edoardo e gli altri due bambini verranno estratti dalle macerie il 20 gennaio ed altri 6 superstiti verranno salvati. Uno di loro verrà recuperato dopo 62 ore dal crollo e scoprirà che sua moglie, la mamma della loro bimba Gaia di 5 anni, non ce l’ha fatta, come altre 28 vittime. Solo una drammatica fatalità causata da eventi atmosferici estremi e dal sisma? Assolutamente no. L’inchiesta evidenzierà la più classica tragedia all’italiana. L’albergo non sarebbe dovuto sorgere al fondo di un canalone a rischio valanghe (in quei giorni il rischio di slavine era di 4 su 5) o doveva essere chiuso in inverno o, perlomeno, evacuato in caso di forti nevicate; la Provincia non si era preoccupata di far arrivare una turbina per liberare i nove km di strada che portavano dal paese più vicino all’hotel, pur sapendo che quella in dotazione nella zona era guasta da dieci giorni e si era rifiutata di chiedere all’Anas di inviare i propri mezzi; la Regione non aveva dato seguito ad una legge del 1992 che prevedeva la stesura di una “carta delle valanghe” utile a prevenire eventi catastrofici; la Prefettura aveva tardato ad instaurare il Centro Coordinamento Soccorsi, aveva sottovalutato i bollettini meteo, che da giorni preannunciavano l’eccezionalità degli eventi atmosferici ed aveva ignorato le richieste di aiuto.

Superficialità, ignavia, burocrazia, incapacità, portano a processo 30 imputati: il prefetto Francesco Provolo e dirigenti della prefettura, presidente e dirigenti della Provincia, dirigenti della Regione, sindaco in carica, ex sindaci, dirigenti e tecnici del Comune di Farindola, sul cui territorio si trovava l’hotel Rigopiano e l’ex gestore dell’hotel. Complessivamente vengono richieste dai procuratori di Pescara condanne per circa 150 anni, fra le quali sono 12 gli anni chiesti per il Prefetto, 11 anni e 4 mesi per il sindaco e 10 anni per due dirigenti della Provincia. A sei anni dalla tragedia, il 23 febbraio 2023, alla lettura della sentenza di primo grado, i parenti delle vittime urlano nell’aula del Tribunale tutta la loro rabbia. Sono 25 le assoluzioni, incluso il Prefetto, perché “il fatto non sussiste” e sono solo 5 le condanne, tutte lievi. Il 14 febbraio 2024 arriva la sentenza di secondo grado: gli assolti diventano 22, otto sono i condannati. Vengono confermate le 5 condanne in primo grado a cui vengono aggiunti un tecnico del Comune, il capo di Gabinetto della Prefettura ed il Prefetto, condannato ad un anno ed 8 mesi per falso ed omissione di atti d’ufficio.

Lo scorso 3 dicembre, la Corte di Cassazione ha disposto un Appello bis per sei dirigenti della Regione Abruzzo, tutti assolti nei due precedenti gradi di giudizio e per l’ex sindaco di Farindola. Nuovo processo anche per cinque dirigenti della Provincia e per un tecnico del Comune. Confermata la precedente condanna a un anno e 8 mesi per il Prefetto. Quindi, dopo quasi otto anni e tre gradi di giudizio, i figli, i genitori, i fratelli delle vittime si vedono costretti a rivivere il loro strazio nelle aule di un tribunale. Con il rischio concreto che per molti imputati arrivi il definitivo colpo di spugna della prescrizione.


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