Attualità

PRETTY ELLY

di Redazione -


di ANDREA ZHOK

 

 

A quanto pare Elly Schlein ha un ”personal shopper” – con tariffa tra i 140 e i 300 euro l’ora. Pensavo ad una fake news, ma invece è stato autorevolmente confermato. Nello stesso spirito avevo già intravisto le foto della sua prima intervista a “Vogue”, foto che erano invero l’apoteosi di ogni cliché elitista, ma avevo pensato tra me e me che in politica si devono fare dei sacrifici, e che magari il partito le aveva chiesto di coprire anche la fascia “upper class”.
Ma il “personal shopper” – figura di cui fino ad oggi ignoravo l’esistenza – questo no, non riuscivo a crederci. E invece oggi la satira va a ripetizioni dalla realtà.
Ora, si dirà – come oggi si dice sempre di fronte all’indifendibile – che male ci sarà? Sarai mica contro i ricchi? Sarai mica pauperista? E che preferiresti fosse vestita di stracci? E via scempieggiando. Ecco, chiedo venia, ma il punto qui è molto semplice.
Se qualcuno si è guadagnato un po’ di soldi sgobbando e poi vuole trattarsi bene acquistando belle cose, bene per me, chi sono io per criticarlo, anzi buon pro gli faccia. Se qualcuno non ha lavorato un giorno in vita propria come Fräulein Schlein (risulta in tutto un micro incarico come segretaria di produzione di un documentario sui migranti), e tuttavia naviga del lusso, beh, mica è una colpa essere ricchi di famiglia. Occasionalmente ci sono esempi di persone nate in condizioni di favore e che tuttavia hanno maturato una profonda consapevolezza del peso delle diseguaglianze sociali (dopo tutto lo stesso Karl Marx era figlio di un avvocato di medio-alta borghesia, non proprio ricco, ma insomma, benestante).
Ma appunto, la differenza la fa la consapevolezza, e la sua espressione in comportamenti. E qui in curriculum, parole, atti e costumi, Fräulein Schlein sembra la caricatura di una schiatta iperborea, di un’elite iperurania.
È talmente caricaturale nella sua impermeabilità alla vita umana media da sembrare fabbricata in un laboratorio populista per sputtanare ciò che oggi si fa passare per “sinistra”.
Ci si aspetta che da un momento all’altro chieda alla plebe perché non mangino brioches. Va da sé che qualcuno con il “personal shopper” sia in sintonia con la gravidanza surrogata: se manco lo shopping vuole farsi da sé, figuriamoci nove mesi di gravidanza e un parto. E dato per scontato che il “personal trainer” e il “dog sitter” saranno già ad aspettare in anticamera, siamo in trepida attesa del “personal smiler” che sorride al tuo posto a chi ti sta sul tubero, del “personal scratcher” che ti gratta i pruriti con localizzazioni scomode, e del “personal chewer”, che ti premastica la bistecca (sintetica).
Il problema qui è che purtroppo Fräulein Schlein fa parte di quel ricorrente fenomeno sociale per cui ad un certo punto un ceto economicamente superiore è talmente iperbolicamente lontano dalla vita comune e dalla quotidianità dei più da fantasticare, nella propria bolla autoreferenziale, di “capire i poveri” e di “rappresentare il popolo”.

E potendosi comprare tutto, si può comprare anche un biglietto premio come rappresentante del popolo e dei poveri. E dall’interno del suo castello-loft dorato, una volta tirato su il ponte levatoio sul mondo, può costruirsi col pongo personaggi fantastici, storie affascinanti dove l’imperante fascismo viene abbattuto, dove migranti plaudenti la incoronano regina, dove il progresso vince sulla superstizione, le liberaldemocrazie occidentali impongono nell’entusiasmo generale la propria superiore pacifica civiltà ai popoli arretrati, dove la luce vince finalmente sulle tenebre e tutti i primat* superior* vivono in pace ed armonia con il vivente tutto, nutrendosi di proteine sintetiche e respirando, ma poco.

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