Economia

Povera Italia, nel Paese dei bambini nell’indigenza

di Giovanni Vasso -

PRESENTAZIONE DEL PROGETTO NAZIONALE AFFIDO CULTURALE SELEZIONATO DA CON I BAMBINI PER CONTRASTARE LA POVERTA' EDUCATIVA MINORILE


Povera, poverissima Italia. Nel Paese aumentano le famiglie che versano in condizioni di povertà. Cresce l’indigenza, aumenta l’esclusione sociale e sono i minori, come al solito, a pagare il prezzo più alto di tutti. I dati choc dell’Istat non lasciano scampo: nel 2022 le famiglie povere sono poco meno di 2,2 milioni (l’8,3% del totale rispetto al 7,7% registrato nel 2021) gli individui che vivono sotto le soglie sono 5,6 milioni. In pratica, poco meno di un italiano su dieci non ce la fa ad arrivare a fine mese (9,7%, dato in aumento rispetto al 9,1% dell’anno precedente).

La povertà relativa coinvolge, da vicino, più di una famiglia su dieci: si tratta di 2,8 milioni di nuclei familiari in difficoltà. Più o meno, lo stesso numero fotografato per il 2021. Che già restituiva l’immagine di un’Italia povera. Va male, malissimo, al Sud. Qui le famiglie in stato di povertà assoluta sono il 10,7 per cento, in aumento dello 0,6% rispetto al 2021. Segue il Nord-Est, dove è in difficoltà il 7,9% delle famiglie, poi c’è il Nord Ovest, con il 7,2% di nuclei che non ce la fanno. Al Centro, invece, è dove la povertà assoluta morde meno: 6,4%. Fa la differenza anche la città in cui si vive. Nei Comuni con meno di 50mila abitanti, il rischio di diventare poveri è più alto. È così, nei piccoli centri del Sud, l’incidenza sale all’11,6% rispetto al 9,4% di due anni fa mentre si registra un seppur lieve miglioramento delle condizioni di vita nelle (poche) aree metropolitane meridionali (10,1% rispetto al 14,7% del 2021). Va malissimo anche nei piccoli centri del Nord. Dove la povertà morde l’8,1% degli abitanti rispetto al 6,9% a rischio nel 2021.

Se la vedono peggio le famiglie numerose. Nel 2022, l’incidenza di povertà assoluta, secondo gli analisti Istat, è risultata più elevata per le famiglie con più componenti giungendo al picco del 22,5% per le famiglie con almeno cinque membri. Che poi, in fondo, non sarebbe altro che padre, madre e tre figli. Scende all’11% per le famiglie con due figli. Ma basta un solo figlio per vedere aumentato il rischio di finire nell’indigenza: oggi è all’8,2%, in netto aumento rispetto al 6,9% del 2021. Basta leggere questi dati per comprendere le ragioni, tanto profonde quanto plastiche, del perché gli italiani non fanno più figli. La naturale conseguenza di questo dato è che la povertà affligge un numero sempre maggiore di bambini e ragazzi. Stando ai dati Istat, nella povera Italia ci sono poco meno di 1,3 milioni di minorenni che vivono in stato di povertà assoluta. Sono, in termini percentuali, molto di più delle altre fasce d’età: 13,4% contro il 9,7% degli individui su scala nazionale. Particolarmente grave, la situazione meridionale: poco meno del 16 per cento dei ragazzi è a rischio esclusione sociale, meglio al Centro dove la percentuale “cala” all’11,5%. Ma proprio qui si registra un segnale inquietante: aumenta il pericolo per i bambini da 4 a sei anni (incidenza fino al 14,2%). Al Sud, inoltre, c’è un dato che rischia di essere esiziale. Il 16,8% dei bambini e ragazzi dai 7 ai tredici anni, vive nella povertà assoluta. Nel 2021 il dato si fermava al 13,8%.

Se poi la famiglia è giovane, le cose rischiano di andare anche peggio. Perché le famiglie dove la persona di riferimento, quello che una volta, in altri tempi, si sarebbe chiamato “capofamiglia”, ha più di 65 anni, il rischio di povertà si assottiglia. L’unica rendita sicura e affidabile, in questo Paese, resta la pensione.

Ma dove si è innescata questa parabola che sta portando l’Italia, sempre più povera, sul baratro? Secondo gli analisti dell’Istat, il problema numero uno del Paese è l’inflazione. Che, come al solito, impatta in maniera più rilevata sui più poveri. Stando ai numeri diffusi dal report dell’Istituto nazionale di Statistica, nel 2022 gli aumenti dei prezzi al consumo hanno toccato l’8,5%. Ma per il primo quintile, cioè per la fascia di reddito più bassa, la variazione della spesa ha pesato, in termini percentuali, per il 12,1%. Le famiglie che pure hanno tentato di star al passo con l’inflazione hanno perso il 2,5% del loro potere d’acquisto reale. In pratica, si spende di più per comprare di meno e, per tentare di procurarsi l’indispensabile, si erodono i risparmi. Ma il peggio, come sempre, deve ancora venire. Già, perché finora i bonus sociali, cioè gli aiuti alle bollette, hanno contribuito a far restare a galla tante famiglie, dando una grossa mano per far quadrare i budget familiari. Ma adesso gli stessi bonus saranno fortemente ridimensionati. Ce lo chiede l’Europa, anzi la Bce.

Facebook e Instagram hanno rovinato una generazione di ragazzi. Ne sono convinti ben 42 Stati degli Usa che hanno trascinato Meta in tribunale. Saranno due le cause proposte. Trentatré Stati parteciperanno a quella promossa davanti al Northern District in California e altri nove invece nei rispettivi Stati. Le accuse sono gravissime. Meta avrebbe creato funzionalità e utilizzato algoritmi per fare in modo da trattenere, per più tempo possibile, i ragazzi sui social e per indurli a ritornarci con frequenza tramite notifiche e allarmi. Meta, secondo gli Stati ricorrenti, avrebbe violato il Children’s Online Privacy Act con la raccolta dati degli utenti di età inferiore ai tredici anni. E di averlo fatto senza il consenso dei genitori. Ma dal colosso caro a Zuckerberg arrivano critiche: “Siamo delusi dal fatto che, invece di lavorare in modo produttivo con le aziende di tutto il settore per creare standard chiari e adeguati all’età per le numerose app utilizzate dagli adolescenti, i procuratori generali abbiano scelto questa strada”.


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