Economia

Potenze sbancate: ecco perché ora Usa e Cina tremano

di Giovanni Vasso -

Banche Usa e Cina


Banche: Usa e Cina, le grandi potenze, rischiano di finire sbancate. C’è solo una cosa che, attualmente, unisce Usa e Cina, impegnate in una guerra economica e finanziaria senza quartiere. Sono, tutte e due, sull’orlo della catastrofe. Nell’America di Joe Biden, già provata dal drammatico flop delle cryptovalute e dal crac di parte del sistema bancario regionale, adesso Fitch avvisa il mondo del credito e della finanza: occhio che se continua così vi declassiamo tutti, a partire da Jp Morgan. Nella Cina di Xi, invece, gli investitori stranieri fuggono via mentre esplode la bolla immobiliare, sancita dal fallimento di Evergrande e dalla crisi di liquidità che rischia di mettere al tappeto un colosso come Zhongzhi che rischia di restare travolto dalla bancarotta dichiarata, a Manhattan, proprio dalla seconda società immobiliare più grande di tutta l’Asia.
In mezzo, però, c’è praticamente di tutto. C’è il dollaro che costa sempre di più, lo yuan, invece, che costa sempre di meno. La Fed americana e la Banca del Popolo cinese dall’altra stanno tentando, per vie opposte, di trovare una soluzione ai problemi che affliggono le rispettive economie. A Washington i tassi salgono senza sosta anche se, a luglio, gli economisti della banca centrale americana hanno ammesso che questa strategia sta arrecando molti più danni all’economia di quanti se ne potessero preventivare poco più di un anno fa, quando è iniziato il rally rialzista. Viceversa, a Pechino, la banca centrale continua a pompare liquidità nel sistema e ad abbassare i tassi di interesse. C’è un problema opposto a quello dell’inflazione americana ma altrettanto serio: si tratta della deflazione. Che sottintenderebbe un progressivo impoverimento dell’economia cinese. Inoltre è esplosa, con la fuga degli investitori stranieri dai mercati azionari e obbligazionari cinesi, la questione Renminbi, che poi rappresenta un altro modo per indicare la moneta cinese. La Pboc ha, secondo il Financial Times, fissato il punto medio giornaliero entro (e non oltre) il quale può oscillare il valore dello yuan: 2%, in termini pratici, il valore viene fissato a 7,2 Rmb per dollaro. Dietro i numeri c’è un mondo. Che è a dir poco traballante, almeno secondo i report internazionali. È esplosa la crisi immobiliare e la dichiarazione di bancarotta presentata da Evergrande al tribunale di Manhattan (una mossa necessaria per invocare l’applicazione del Chapter 15 che tutela le società straniere dall’aggressione dei crediti se hanno, come i cinesi, un piano di rientro) non depone di certo a favore della solidità dell’economia cinese. Appresso a Evergrande, infatti, rischiano tantissime altre realtà. A cominciare da quelle finanziarie, come appunto Zhongzhi. Si tratta di una shadow bank, cioè un istituto di intermediazione non bancaria, che conta su un giro d’affari ultra miliardario (in dollari). Che, però, avrebbe mancato di remunerare gli investimenti fatti finora dai clienti. Un campanello d’allarme che è risuonato direttamente nelle stanze del potere. E che costringe il governo guidato da Xi a dover prendere immediatamente accorgimenti per evitare un effetto domino e, soprattutto, che la paura dilaghi definitivamente sui mercati cinesi.
Mal comune, nessun gaudio. Le banche non fanno gioire nessuno né in Cina né negli Usa. L’America vive questi ultimi scampoli d’estate con la paura di un nuovo turmoil finanziario e bancario. L’agenzia di rating Fitch ha avvisato il sistema creditizio americano. C’è qualcosa che non va. E presto, dopo che Moody’s ha già provveduto a tagliare il rating a dieci banche di piccole e medie dimensioni, potrebbe essere necessario rivedere le valutazioni. Il fatto è che, a differenza di qualche mese fa quando la crisi ha toccato istituti regionali come, su tutti, la Silicon Valley Bank, stavolta nel mirino degli analisti ci sono i pezzi da novanta. A cominciare da Jp Morgan. Che, oggi, si bea della valutazione AA- ma che, presto, potrebbe rinunciare all’attuale rating finendo per doversi accontentare di una semplice A con outlook positivo. Un eventuale downgrade, come quello ventilato a Cnbc dall’analista Fitch Chris Wolfe, potrebbe scatenare il panico sui mercati finanziari. Che, chiaramente, presto si estenderebbero dagli Stati Uniti all’Europa. Che, nei mesi scorsi, ha già dovuto fronteggiare, subito dopo il caso Svb, la crisi di Credit Suisse e le fibrillazioni in casa Deutsche Bank.
Il fiore all’occhiello dell’economia americana starebbe, dunque, rischiando grosso. E si tratterebbe, per l’America, dell’ennesimo schiaffo dopo il clamoroso downgrade deciso da Standard & Poor’s che ha tolto la tripla A agli Stati Uniti. Causando una polemica politica, l’ennesima, piombata tra capo e collo dell’amministrazione guidata da Joe Biden. Le banche fanno tremare Usa e Cina.


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