Politica

Poltrona a 5 Stelle

di Edoardo Sirignano -

LUIGI DI MAIO POLITICO


di EDOARDO SIRIGNANO

Giggino torna a indossare giacca e cravatta. Dopo mesi trascorsi sul divano a guardare il Napoli verso il terzo scudetto, Di Maio si prepara alla sua seconda vita. Non ci sarà un dicastero, piuttosto un turbante.

La riconoscenza paga

Grazie alla benedizione di un tale Mario Draghi, uno dei pochi a credere nel sacrosanto valore della riconoscenza, il nativo di Pomigliano sarà l’inviato speciale dell’Unione Europea nel Golfo Persico. Essendo impegnate tutte le poltrone nei salotti buoni della città eterna e di Bruxelles, i padroni continentali, su suggerimento di un saggio banchiere, decidono di mandare il bibitaro del San Paolo a dialogare con sceicchi, cammellieri e padroni vari di gas e petrolio. A queste latitudini l’ex capo dei gialli non potrà compiere scivoloni degni di nota. Gli basterà solo ripetere l’inglese, imparato negli anni di governo. In Qatar, Emirati, Bahrein e Arabia Saudita, poi, non serve avere grandi doti diplomatiche. Basta essere campioni nell’annuire. L’ex grillino è uno “yes man” provetto. Ha calato il capo finanche quando un vecchio Tabacci stava utilizzando la sua minuziosa “ape” per rubargli il seggio a Montecitorio. Il fondatore di Ic, come Rocky, è indiscusso campione di incasso. Qualunque altro mortale, dopo essere stato spostato dalla Farnesina al caminetto avrebbe fatto rotta sul Nazareno e preso a calci il primo piddino disponibile. Di Maio, invece, ha ringraziato Letta, pure se per mesi non si è degnato neanche di rispondergli a telefono. Grillo, d’altronde, lo ha educato bene: prima gliene diceva di tutti i colori e poi gli dava le nomine. Una cosa è certa, avere la pancia, saper superare qualsiasi maltrattamento, alla fine, premia. Chi viene dal basso lo sa bene, soprattutto se non deve prendere un voto per diventare onorevole. Sufficiente solo digerire qualche offesa ricevuta sulla rete per avere la partecipata desiderata o accontentare il compagno di banco che ti passava la merendina. Nell’organizzazione di potere, il pomiglianese a un certo punto stava superando finanche un grande maestro come Matteo da Firenze. Capacità, dunque, che lo hanno portato, in tempi brevissimi, alle corti dei grandi del pianeta, compresi quegli emiri che oggi lo accolgono a braccia aperte. Nessuno dimentica le visite del fondatore di Ic a Doha. Sia negli alberghi a cinque stelle, come nei quartieri periferici, l’ex titolare della Farnesina ha lasciato qualcosa su quella costa. Nella capitale dei mondiali, in un campo rifugiati per afghani, a parte i doni vari, gli hanno finanche dedicato un quadro. Una vera e propria divinità per chi spera di distrarre l’acquirente e vendere la merce al doppio del prezzo. Nella perla del Golfo Persico si può essere solo che entusiasti per il contentino dato a chi ha consentito all’immortale re Giorgio di tornare al Quirinale, evitando l’opzione Belloni, a chi ha sprecato ogni energia a propria disposizione per far prevalere il magico mondo della finanza di Mario sui piagnistei dei percettori del reddito di cittadinanza. Questi ultimi, vedi politiche, non perdonano. C’è sempre, però, un santo nel paradiso delle banche a salvarti dall’inferno più buio.

L’ira del governo
L’unico ostacolo per il campano, ora, è superare l’ira di quella destra, che urla contro la stampella che ha tentato l’inutile sgambetto. Maurizio Gasparri, ad esempio, non ha utilizzato giri di parole verso il nuovo inviato Ue. Lo definisce “un somaro, un incapace, una vergogna assoluta”. Dello stesso parere il capitano Salvini che se la prende con chi lo ha premiato: “Incarico curioso”. Non la pensano, allo stesso modo, al contrario, i vecchi amici piddini, che con uno stipendio da 20mila euro in meno da pagare, possono dividersi meglio la piccola torta rimasta nel piatto romano del Parlamento. Non gli interessa se l’attuale ministro degli Esteri Tajani, dica che “sia una scelta di Borrell e non del governo”, né le bordate provenienti da ambienti vicini alla premier. Quest’ultima, d’altronde, non può neanche parlare troppo. Non vale la pena rompere quei rapporti recuperati con Bruxelles per un contentino dato al Masaniello di turno. Il dato di fatto è che come si impara a sopravvivere tra i pentastellati, non è possibile farlo altrove. Casalino riesce a riciclarsi come showman, il sottosegretario Cancelleri si candida a nuovo portavoce di Arcore e il buon Giggino adesso si troverà a stipulare contratti da diversi milioni di euro. Quando non sei nessuno resti solo, ma con i soldi in mano qualche amico puoi sempre fartelo e perchè no riprenderti anche quella visibilità e quella credibilità che qualcuno ha provato a toglierti. Non è detto, pertanto, che, su un cammello, il nostro, prima o poi, possa far ritorno all’amata Camera, magari distribuendo spezie e tappeti. Tutti sappiamo, che stavolta, Di Maio non fallirà, anzi porterà in alto il nome di un Paese, che Giorgia o meno, ha bisogno di chi rivoluzioni gli equilibri. Il suo ex amico Sibilia aveva messo addirittura in discussione lo sbarco sulla Luna.

Il pugno di ferro di Borrell

Una svolta voluta dallo stesso Alto Rappresentante dell’Ue, per cui servono facce nuove o meglio ancora persone che non diano fastidio. In questo modo, si fa a capire alle destre che governano Roma, che c’è sempre un sistema al di sopra che può imporre e far passare tutto, anche il classico “ciuccio che vola – come si dice a casa Di Maio”.


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