Pietro Castellitto e il suo esordio alla regia: I predatori
I predatori è il primo lungometraggio scritto e diretto da Pietro Castellitto. Il film, presentato durante la 77esima edizione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, si è aggiudicato il David di Donatello per la miglior regia esordiente.
La trama di I predatori
È mattino presto, il mare di Ostia è calmo. Un uomo bussa a casa di una signora: le venderà un orologio. Qualche giorno dopo, un giovane assistente di filosofia verrà lasciato fuori dal gruppo scelto per la riesumazione del corpo di Nietzsche. Due torti subiti. Due famiglie, apparentemente incompatibili. I Pavone e i Vismara. I primi ricchi, intellettuali e borghesi, proletari, incolti e fascisti i secondi. Nuclei opposti che condividono la stessa giungla. Un banale incidente farà incrociare il destino di entrambe le famiglie.
I predatori: un film corale e coraggioso
Pietro Castellitto, figlio di Sergio e di Margaret Mazzantini, nel 2020, fa il suo esordio alla regia, con un film sorprendente e coraggioso. I predatori è un’opera corale, il regista esordiente, anche sceneggiatore e interprete, insieme a Massimo Popolizio, Manuela Mandracchia, Dario Cassini, Anita Caprioli, Claudio Camilli, Giorgio Montanini, Nando Paone e Vinicio Marchioni, costruisce una rete di relazione complessa e allusiva fra i tanti personaggi in gioco.
I predatori, però, non mostra un gioco, piuttosto una lotta spietata, senza speranza, tra individui cinici ed egoisti. I protagonisti del film perdono per strada o probabilmente non l’hanno mai posseduta, la loro sensibilità umana, per diventare, come suggerisce il titolo, dei feroci predatori.
La felicità è una chimera
I due torti iniziali, subiti dalla povera anziana, madre dei fratelli Vismara, proprietari di un’armeria e Federico, figlio di Pierpaolo e Ludovica, il primo un ricco medico e la seconda una celebre regista; danno il via a una serie di eventi quotidiani e apparentemente banali, come una festa di compleanno, per rivelare i segreti di un’esistenza, dove la felicità è una vera chimera.
Pietro Castellino decide di mostrare i protagonisti del suo film attraverso il contrasto, riuscendo a strappare anche qualche sorriso, ma soprattutto tanta infelicità che si impossessa dei componenti delle due famiglie protagoniste. I Pavone e i Vismara ripropongono gli stessi connotati già visti in tanti altri film della Commedia all’italiana, uno su tutti Ferie d’agosto, ma se l’esito dei Molino e Mezzalupi è sostanzialmente roseo, con al massimo un po’ di melanconia, in questo caso, si aprono scenari drammatici, persino tragici.
Finzione o realtà?
La tragedia evocata, in alcuni punti, si rifugia in riferimenti meta – cinematografici, per addolcire, attraverso la finzione, un’amara realtà, ma questa è un’illusione, senza finzione. È solo un film, non si fanno male per davvero, ma poi un attore sul set diretto da Ludovica (Manuela Mandracchia) rischia di morire per davvero e la regista mostra tutta la sua indifferenza, mostrando molto più interesse per il destino del suo film, piuttosto che preoccuparsi della sorte del malcapitato.
I predatori è un ritratto senza speranza, in cui nessuno si salva e l’impianto corale del film contrasta con il sentimento di solitudine provato dai protagonisti. Le due famiglie appaiono, nella loro diversità, unite e affiatate, nulla di più falso. Sono tutti terribilmente soli, costretti a vivere in una prigione che annulla ogni possibilità di riscatto sociale ed esistenziale.
Le vite dei Pavone e i Vismara s’incociano per un breve istante, ma tanto basta per comprendere che dietro alla loro diversità si nasconde una somiglianza impressionante e non solo per l’infelicità provata un po’ da tutti.
I componenti di entrambe le famiglie sono crudeli e indifferenti, non solo verso il prossimo, ma anche nei confronti di chi dovrebbe rappresentare l’affetto e l’amore, come fratelli, mogli, mariti e figli. Tradimenti, pistole e fucili rubati, bombe a tritolo, croci uncinate e un po’ di cocaina affollano una vita di menzogne e risentimenti, per un debito non saldato, per una carriera accademica troncata prima di iniziare.
Pietro Castellitto decide di prendere parte attiva anche davanti la macchina da presa, intrepretando il personaggio di Federico Pavone. L’attore figlio d’arte interpreta il personaggio più significativo del film. il suo Federico rappresenta una rottura nei confronti delle dinamiche che si sviluppano. Federico vive all’interno del tessuto narrativo, ma sembra assumere anche la funzione di guida per lo spettatore, una specie di voce narrante, senza però, mostrare di esserlo. Pietro Castellitto costruisce il suo personaggio come fosse il coro della tragedia greca.
Non si rivolge mai, però, direttamente al pubblico, allo stesso tempo, sembra proiettarsi al di fuori dello schermo, denunciando la cattiveria che lo circonda. Attenzione, però, in Federico, al pari degli altri personaggi, non c’è speranza, lui non è il buono che, alla fine, fa giustizia, mettendo tutti d’accordo. Svolge l’importante funzione di svelare la triste realtà che si nasconde dietro le apparenze, ma nulla cambia, tutto resta immerso nel cinismo e lui viene travolto da una forma di pazzia che, probabilmente, è sempre stata li ad agire. Pietro Castellitto, non a caso, decide di calarsi nei panni di Federico, in questo modo rende tangibile, in carne e ossa, la sua firma come regista e autore del film, che ottiene senza dubbio un Buona la prima!
I predatori è un film eccezionale, un piccolo capolavoro, considerando che il regista è alla sua prima volta dietro la cinepresa e già sembra possedere uno stile, per nulla acerbo. Pietro Castellitto, inoltre, dimostra grande padronanza nella scrittura filmica, facendo emergere una poetica innovativa che riesce a rimodellare, attraverso sé stesso, i modelli del passato, come per esempio Luigi Pirandello e la sua visione di realtà, apparenza e follia.
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