Attualità

Pichetto Fratin, il ministro silenzioso che piange con i giovani

di Giovanni Vasso -

GILBERTO PICHETTO FRATIN, MINISTRO DELL’AMBIENTE E DELLA SICUREZZA ENERGETICA


Gli sarà passata davanti tutta la sua lunga, lunghissima, vita politica quando, a Giffoni, il ministro all’Ambiente e alla Sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin, ha dovuto dare una risposta alle paure di Giorgia Vasaperna. Mezzo secolo di politica, da Spadolini e Ugo La Malfa a Greta Thurnberg. Da quando ha iniziato, nel ’75, giovanissimo consigliere comunale repubblicano a Gifflenga, nel Vercellese mentre il mondo era agìto dal conflitto delle ideologie fino a oggi che, nell’era post-ideologica per eccellenza, adesso che è esponente di lunghissimo corso delle istituzioni, piange al pensiero al futuro che attende le prossime generazioni, i “suoi”, i nostri, figli e nipoti. La commozione è umana e la politica è l’attività umanissima per eccellenza. Non serve scomodare Aristotele. Così come non serve uno scienziato della politica per comprendere che la materia assegnata al suo dicastero è tra le più ostiche da affrontare. Oggi, specialmente, che l’ambiente è l’ideologia ma anche la seria preoccupazione economica del mondo occidentale, che si vede in declino, morale e materiale.

Gilberto Pichetto Fratin, spesso e volentieri, finisce al centro del dibattito politico perché, sul green, destra e sinistra hanno idee opposte e confliggenti. Ma il ministro è tutt’altro che un talebano di una corrente. E lo ha dimostrato confrontandosi con gli attivisti di Ultima Generazione. È figlio di un’altra era e si vede. Al tempo dei social, il dibattito non può ammettere zone grigie. O bianco, o nero. Un’apertura rischia di essere interpretata come un’inaccettabile concessione al “nemico”. Le lacrime di Giffoni lo dimostrano. Il fatto che si sia commosso, all’elettorato di centrodestra, non è piaciuto granché. Non è finito lui, direttamente, sulla graticola. Ma è stata attaccata, con forza, Giorgia Vasaperna a cui è stato rinfacciato di essersi esibita nella sua migliore performance artistica da attrice. O, nel migliore dei casi, le è stato affibbiato l’epiteto di snow-fleak, letteralmente fiocco di neve, il neologismo proposto o quantomeno ispirato da Chuck Palahniuk, l’autore di Fight Club, e utilizzato per stigmatizzare l’eccessiva sensibilità dei giovani sui temi dei diritti civili e sull’ambiente. Va poi tenuto presente che, a chi vota centrodestra, veder piangere politici non piace affatto. Dalle lacrime della Merkel fino a quelle della Fornero, il web è pieno di accuse all’ “ipocrisia” di una certa classe dirigente e al suo “politicamente corretto”.

Ma Pichetto Fratin non è un politico di “oggi”. Viene da una scuola antica, quella del Partito repubblicano italiano. E si ritrova, dopo una lunga militanza iniziata nel 1994, in una Forza Italia che non è più quella degli albori. E che, senza il Cavaliere, è sempre più liquida. Ma lui, stando agli spifferi, si è quasi subito sottratto al gioco delle correnti inevitabile in un partito che già discuteva della successione a Berlusconi. E, più che al partito, ha iniziato a rispondere per lo più a Giorgia Meloni. Da politico a outsider, nei fatti, il passo sarebbe stato breve. E sarebbe stato confermato dal fatto che, ogni qualvolta emerge sui giornali che da Palazzo Chigi si inizierebbe a pensare a un rimpasto, l’unico tirato in ballo, con puntualità, è sempre lui. È accaduto prima delle Regionali, quando le voci dal sen fuggite (e poi smentite dai fatti), lo davano per partente a favore di Roberto Cingolani (che nel frattempo è stato nominato ad di Leonardo), sta succedendo adesso, che si inizia già a guardare alle elezioni europee del prossimo anno.

Il fatto è che, Pichetto Fratin, si ritrova a dirigere un ministero decisivo e sempre, puntualmente, coinvolto nelle vicende che hanno maggiore eco sui giornali. E che, partendo dall’Europa, producono effetti politici sugli scenari nazionali. Temi delicatissimi che si intrecciano all’economia e pesano sulle tasche dei cittadini: vanno dal futuro dell’automotive e dei carburanti, fino alla direttiva sulla casa Green e al regolamento per la “restituzione alla natura” di territorio agricolo. Temi che pesano, e molto, nel dibattito e che agitano le passioni. E sui quali l’Italia sconta, innegabilmente, una posizione minoritaria che viene sistematicamente battuta. Per un motivo o per un altro. Perché la Germania si impunta sugli e-fuel e boccia i biocarburanti o perché il Ppe di Manfred Weber, su troppi temi cardine, non ha saputo mantenere una linea univoca. E, spesso, ha deciso di confermare la fiducia a Ursula von der Leyen e a una commissione che, sui temi ambientali, ha strizzato l’occhio alle richieste di Verdi e sinistra più che dei moderati.


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