Piazza, bella piazza: la politica fa pazza
Compagni, amici, io disapprovo il passo: manca l’analisi e poi non c’ho l’elmetto! Suggeriva Venditti quasi mezzo secolo fa, mentre bomba o non bomba si doveva arrivare a Roma: la sua canzone era chiara e suggestiva. Oggi, invece, la più plastica rappresentazione dello stato delle cose sono i titoli divergenti di Repubblica e Stampa, importanti quotidiani del gruppo GEDI. Il leader Conte apre all’iniziativa del 15 marzo, spiegano a Largo Fochetti, mentre la busiarda afferma categorica, Conte: il M5S non sarà in piazza per l’Europa. Due giornali controllati dallo stesso gruppo, che si scambiano spesso le firme di punta (urge discorso sullo stato delle punte in Italia, ma lo faremo un’altra volta), con porte quasi girevoli per cronisti e commentatori. Eppure interpretazioni assai differenti delle parole di Conte a Che tempo che fa. Nella realtà Conte ha detto che non ci sarà, che il M5S non può esserci, e ne ha spiegato le ragioni. Quando Fazio ha ribattuto che Michele Serra la pensa esattamente come lui, Conte -con ottimi tempi televisivi, va detto- ha rilanciato: “lo precisi e ci saremo”. Ma se il problema fosse solo la presenza o l’assenza del M5S, sarebbe un classico del fu campo largo, nessuna nuova. Il problema è che la manifestazione del 15, invece, ha acceso tante micce, e tutte son pronte a scoppiare ove non già scoppiate. Prendiamo l’ANPI, ad esempio: ieri un appello di iscritti che si dicono “sconcertati e sorpresi” dalla decisione di partecipare all’evento del 15 ha raccolto in poche ore centinaia di firme, da sezioni dislocate in tutta Italia. L’appello sta girando sulle chat, viene presentato da molti iscritti all’ANPI con enorme passione, come una questione vitale per il futuro della stessa associazione. La lacerazione interna a forze storiche della sinistra, del progressismo e dell’antifascismo, non è cosa nuova. E’ nuovo invece lo smarrimento totale di molti cittadini che a quelle forze (a quelle sigle, a quelle facce), si sono storicamente affidate nell’auspicio che venissero promossi e diffusi i propri valori. Don Ciotti, per dirne uno, è un protagonista della mitologia di sinistra degli ultimi 30 anni di storia patria: lui il 15 marzo ci sarà, non ha dubbi, e spiega la sua presenza. Il rettore Tomaso Montanari, invece, accademico importante, polemista di spessore molto apprezzato dalla sinistra più accesa e dal M5S di Conte, scrive una riflessione dove espone tutti i suoi dubbi, maturati vieppiù dopo l’uscita militarista fuori tempo massimo di Ursula von der Leyen. Sullo sfondo fuochi d’artificio e bombe deflagranti in casa PD: Picierno con ala riformista filo-renziana alla guerra contro il nuovo pacifismo della segretaria Schlein, tacciata di essere non in linea con il sostegno all’Ucraina e l’europeismo no limits. Gentiloni di qua, Franceschini di là. Bettini di qua, Prodi di là. Gori di qua, Furfaro di là. E i cittadini, dove? Ancora là? Oppure fuggiti via?, Michele Serra è un uomo mite, per bene, da anni distante dalla satira salace e spessissimo feroce di Cuore, settimanale che dirigeva e che segnò un’epoca. Quell’epoca oggi non c’è più: Serra scrive su Repubblica e fa l’autore per Fazio, il quale ai tempi di Cuore bombardava Mike Bongiorno prima di eleggerlo mito immortale e suo vate. Così ci chiediamo come stia Serra (e il suo stomaco) nel leggere quanto una proposta semplice e generosa abbia bombardato molta parte della sinistra. Serra è pacifista, chi sta facendo la guerra per dire che è per la pace e non per la guerra, lo è altrettanto?
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