Petrolio, arriva la Cina in soccorso della Russia
Ad aprile aumentate del 16% le importazioni di greggio
Arriva la Cina in soccorso di Putin, alle prese con l’annunciato embargo europeo al petrolio. E non si può dire che Mosca si sia fatta trovare impreparata dalla decisione dell’Ue. La comunicazione della presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, nella quale annunciava la volontà dell’Unione europea di vietare nel giro di sei mesi tutte le importazioni di greggio russo, è del 4 maggio. Ma i dati di oggi ci dicono che in sostanza già nel mese di aprile la Russia aveva dirottato verso la Cina gran parte dei flussi di greggio prima destinati all’Europa.
La Cina, infatti, ha importato ad aprile 43 milioni di tonnellate di greggio, con una media di 10,51 milioni di barili al giorno, in aumento del 16% rispetto allo stesso mese dell’anno scorso, portando le importazioni totali nei primi quattro mesi a 171 milioni di tonnellate. In questo modo il secondo consumatore di energia al mondo è intervenuto per acquistare barili russi invenduti in un momento in cui alcuni Paesi europei, in accordo con Stati Uniti e Gran Bretagna, hanno sospeso le consegne di petrolio russo ed esplorato potenziali embarghi.
Le importazioni di greggio marittimo rappresentano il 93% del totale della Cina ad aprile, secondo una ricerca della China National Petroleum Corporation, con il porto di Shanghai tornato a movimentare carichi importanti, circa 198.000 tonnellate dalla Russia. Gran parte dei barili russi sono stati assorbiti dalle raffinerie indipendenti cinesi nella provincia di Shandong.
Mentre, però, sul piano quantitativo il cambio Cina-Europa è risultato quasi a somma zero per la Russia, non altrettanto si può prevedere per l’aspetto legato ai costi. Nel breve periodo, le raffinerie hanno movimentato 1,3 milioni di tonnellate di greggio russo, ottenuto con forti sconti, addirittura fino al 20% rispetto ai benchmark internazionali. Ma negli ultimi giorni i future sul Brent sono aumentati del 3,8% per attestarsi a 111,55 dollari al barile, mentre il greggio statunitense è salito di 4,36 dollari, per attestarsi a 110,49 dollari, in linea con l’aumento dei prezzi della benzina negli Stati Uniti. La Cina, quindi, alle prese con i prezzi elevati, ha cercato carichi economici per ricostituire le sue scorte.
Una prospettiva che però, a medio termine, non dovrebbe giovare alla Russia, seguendo la previsione dell’Aiea, l’Agenzia internazionale dell’energia: “Se concordati, i nuovi embarghi accelererano il riorientamento dei flussi commerciali già in corso e costringeranno le compagnie petrolifere russe a chiudere più pozzi”, ha affermato un portavoce non più tardi di qualche giorno fa. Nonostante la crescente pressione internazionale e il calo della produzione di petrolio, le esportazioni russe finora hanno resistito. Ma ora, dopo un calo dell’offerta di quasi 1 milione di barili al giorno ad aprile, le perdite potrebbero espandersi a circa 3 milioni di barili al giorno durante la seconda metà dell’anno.
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