Attualità

Perché era in Italia il generale libico delle torture?

di Angelo Vitale -


Dai detenuti appesi per le braccia ai quali venivano rotti nasi e denti nella prigione di Mitiga a Torino per recarsi allo stadio: era davvero lo spettacolo di Torino-Fiorentina all’Olimpico del capoluogo piemontese il motivo per il quale il generale libico Najieem Osama Elmasry, noto anche come Almasri, capo della Polizia giudiziaria libica e affiliato alla Forza di deterrenza speciale (Radaa), creata dal comandante salafita Abdul Rauf Kara, era arrivato in Italia? Lo ha fermato in un albergo un’operazione di polizia allertata da una red notice dell’Interpol per l’accusa di “presunti crimini di guerra e torture”. Il generale, attualmente a capo della prigione e centro di torture di Mitiga vicino Tripoli, era in compagnia – dicono le cronache – di “altre persone” sulle quali le autorità italiane non hanno ancora chiarito alcun dettaglio.

Un arresto che rischia di mettere in discussione, se non incrinare, gli attuali rapporti dell’Italia con la Libia ove Almasri è – contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte Penale internazionale – un militare “noto per il suo rigore, la sua dedizione e la professionalità nell’adempimento dei compiti affidatigli”, come ha scritto, dopo il fermo a Torino indicato come “un arresto arbitrario”, Abdel Moaz Nouri, direttore della struttura carceraria di Ain Zara a Tripoli. Solo nell’ottobre scorso il quarto viaggio della premier Giorgia Meloni in Libia ove ha incontrato il primo ministro del Governo di unità nazionale libico, Abdulhameed Mohamed Dabaiba per riaffermare la necessità di una più stringente azione di contrasto ai flussi migratori illegali ma pure in occasione del via ad accordi economici. Da questo mese la ripresa dei collegamenti di Ita Airwais con la Libia, siglati otto accordi uno dei quali riguarda la costruzione di alcuni lotti dell’autostrada costiera, firmato un Memorandum di Intesa tra il ministero del Governo Locale e La Camera di Commercio Paritetica Italo-Libica per il sostegno alle pmi italiane e libiche puntando a joint venture e trasferimenti tecnologici.

Il nome di Almasri era emerso già nel 2022, nell’ambito degli scontri armati nella zona di Sabaa a est della capitale libica Tripoli, vicino alla sede dei servizi segreti del ministero dell’Interno: a confrontarsi erano stati da una parte gli uomini della Guardia presidenziale guidati dal vice comandante Ayoub Bouras, dall’altra le forze della polizia giudiziaria Najim affiliate alla Rada, gruppo armato libico specializzato nella lotta al terrorismo e alla criminalità organizzata guidato dal comandante salafita Abdul Rauf Kara.

Il complesso di Mitiga ospita non solo l’unico scalo aereo civile che attualmente serve Tripoli, ma anche un’importante prigione dove sono detenuti oppositori politici e terroristi dello Stato islamico e una base aerea dalla quale partono i droni d’attacco di fabbricazioni turca. Non è esclusa la presunta responsabilità del generale libico nelle quasi 30 fosse comuni con 400 corpi trovate a Tarhuna dopo il cessate il fuoco in vigore dall’ottobre 2020 su cui sta indagando la Corte penale internazionale. “La cattura di Elmasry getta un’ombra inquietante sulla sua presenza nel nostro Paese”, dice don Mattia Ferrari, cappellano di Mediterranea Saving Humans.


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